A fianco di Jenna Jameson e Rocco Siffredi c’è un nuovo genere di porno che sta scuotendo il business alla radice: quello amatoriale. Che è digitale, gratuito e che sta all’Hard come Real Tv sta a Gigi Marzullo.
Uno dei settori più direttamente coinvolti nella rivoluzione digitale è certamente quello del porno. Sappiamo tutti che su Internet se ne trova a pacchi, che la duplicazione e distribuzione non autorizzate sono molto diffuse – assai più che per la musica, sia in termini assoluti che percentuali. Nel 2000 il porno costituiva circa l’80% del traffico globale del web; oggi delle stime lo danno al 50%, che è moltissimo, se si considera la moltiplicazione degli usi della rete, dall’home banking allo spam. Però differentemente dalla musica, e dalle altre forme di appropriazione digitale indebita, nel porno è successa una cosa particolare, unica e davvero speciale.
Dalla seconda metà degli anni ’90 è nato un nuovo fenomeno: il porno casalingo. Le condizioni favorevoli sono state la diffusione delle digicam, che rende possibile fare delle foto senza sviluppo e stampa, e la diffusione di spazi liberi in rete nei quali pubblicare queste immagini: i famigerati newsgroups (spazi liberi dove si trova di tutto) ma anche MSN e Yahoo!: dopotutto il traffico è traffico, e col sesso il traffico decuplica. Il dato interessante è che in queste foto non si cercava di rifare in casa il porno industriale, ma di produrre immagini nuove, che rispondevano a regole nuove – e molto attuali: mostrare le persone come sono, mentre fanno cose che a loro piacciono per il solo piacere di farle e di mostrarsi; adottare uno stile da reportage, dove alla scarsa qualità tecnica si supplisce con un alto voltaggio dei contenuti (in stile post Rodney King). Contrapporre alla pornografia patinata dell’Hard Core industriale, piena di poppe artificiali e di sesso in full make up, un porno reale, che mostra gente reale mentre si diverte – realmente. A tal punto che la distribuzione gratuita di queste immagini (a fronte di centinaia di migliaia di download) costituisce ulteriore prova del piacere che costoro hanno di mostrarsi. E’ il trionfo della realtà sulla fantasia, del desiderio sulla fiction e dell’intenzione sulla bellezza. Ecco come mai, per descrivere questo genere di porno (su cui sto scrivendo un libro) ho inventato la parola Realcore: qui – a differenza che nell’Hard – l’importante è la verità, possibilmente tutta e senza fronzoli.
L’impatto di questo nuovo stile sul porno industriale è stato enorme, e per reggere la competizione sono nati nuovi generi: il POV, la ripresa point of view (solitamente quello maschile), le false Webcam (film girati in bassa qualità per simulare realismo) e il sublime ossimoro Pro Am, professional amateur: donne non bellissime né giovanissime, con qualche imperfezione, rivendute come casalinghe che integrano il reddito col porno (che è un’antica ma radicata fantasia maschile). Perfino il divo maximo dell’Hard, Rocco Siffredi, nel tempo ha adottato uno stile più documentaristico, sostituendo la ripresa ginecologica (molto in voga negli anni passati) con inquadrature più larghe, filmando scene più lunghe e non delegando al montaggio (e quindi alla finzione) l’efficacia di una scena. Naturalmente anche il porno industriale si è molto avvantaggiato dalle nuove tecnologie: lo shooting POV sarebbe stato assai arduo con un’ingombrante cinepresa.
Comunque la pensiate, questo fenomeno è ricchissimo di implicazioni extra-sessuali: gente che produce cose appetibili per altri, e le regala per la sola gioia di farlo (in sintonia con lo spirito originale della rete), che usa gli strumenti digitali in maniera molto poco tecnicistica, ma invece come mezzo di espressione e di comunicazione. E che, senza volerlo, scardina l’estetica di un’industria ben consolidata, obbligandola a darsi nuove regole e nuovi canoni. Immaginiamo per un istante che la stessa cosa avvenga nella musica: band emergenti che, invece di rifarsi alla musica già sentita, se ne inventino una nuova, diversa ma talmente piacevole da avere un grandissimo successo e portarsi via notevoli fette di mercato. Obbligando l’industria del Pop a cambiare per adeguarsi a questo nuovo stile. Sarebbe una enorme rivoluzione, una che mi piacerebbe molto veder succedere.