Non a Sanremo
Negli ultimi anni ho spesso parlato male di Sanremo (non la città, martire: il festivàl), molto più di quanto avessi fatto in tutti quelli precedenti. Per molte ragioni, non ultima che quel festival, una volta il tempio della musica vecchia, noiosa e già sentita, di recente ha proposto generi e artisti più in sintonia coi “giovani”, target molto ambito dalla pubblicità. Parallelamente, il successo di Hip Hop italiano e derivati ha aperto la strada a molti cantanti commerciali, il che di per se non è un male (è il segnale del successo di quel genere) ma la cui musica è spesso discutibile, di seconda mano, paracula. Non faccio nomi, sappiamo a chi mi riferisco. Nella totale assenza di altra programmazione Tv di tipo musicale, Sanremo diventa non solo l’evento ma anche il catalogo della musica italiana come se ci fossero solo quelle 29 canzoni, e resta l’unica vetrina dove esporre la propria mercanzia a un pubblico molto vasto. Con qualche effetto che mi pare terribile: eccone uno.
Non ho mai amato Simone Cristicchi ma lo rispetto, ha una propria poetica, sa comunicare e raggiungere il suo pubblico – che non credo sia minuscolo, anzi. La sua musica mi annoia ma non credo che si rivolga a me, infatti non ci trovo niente di interessante. Nemmeno i suoi testi mi affascinano particolarmente, anche se spesso ha delle invenzioni poetiche notevoli. È il caso della sua canzone sanremese “Quando sarai piccola” dove racconta un passaggio della vita molto significativo: quando i tuoi genitori diventano tuoi figli. Chiunque ci sia passato sa di cosa parlo. Un’esperienza lancinante ma preziosa, inaccettabile ma giusta, nell’ordine naturale delle cose. Ottima l’idea di parlarne in una canzone, che è innanzitutto un veicolo di emozioni.
Pessima invece l’idea di portarla a Sanremo nel 2025. Perché quello non è il posto dove presentare un’emozione in musica (sostanzialmente inedita, almeno in Italia): lì si mostrano gli outfit, si ululano potenziali tormentoni estivi, si mostra lo stacco di coscia, si fanno i personaggi: l’elfo del discount, la fatalona, la timida ma gnocca, il femminista di latta. Dove vince la Cumbia della noia, canzone che contiene infiniti meme sbeffeggianti già nel titolo. Dove mediaticamente le zinne di Elettra valgono tanto quanto i gorgheggi di Giorgia. Sanremo rende plastico e tangibile un vecchio detto: male o bene, purché se ne parli. Che va bene per Angelina Manga ma non per una canzone come “Quando sarai piccola”. L’internet fognario infatti non aspetta altro che un tenerone come Simone per farlo a pezzi. E se perculare Cristicchi è un diritto umano inalienabile (del quale ho usufruito anche io), buttare nel tritacarne una canzone così mi pare insensato. Sono convinto da molti anni che la musica una volta pubblicata abbia una sua vita propria, anche indipendente dal suo autore, dei diritti (non solo SIAE) e talvolta una fragilità che va protetta (penso a alcuni degli artisti più interessanti del panorama nazionale, la cui musica verrebbe sterminata a Sanremo). Ecco: quella canzone e quel tema non si meritavano questo trattamento.