Ecco a sinistra la primissima locandina di Fahrenheit 9/11, fatta subito dopo la vittoria a Cannes e poi sostituita con quella a destra, posso capire perché. Se magari piaceva a Moore, certamente qualcuno gli avra’ spiegato che è visivamente raccapricciante (nella nuova ha il chador) e anche un po’ goffa. Descrive infatti in modo efficace una delle obiezioni che molti (incluso me) hanno verso di lui (peraltro un ottimo regista) e gli americani buoni (come i giandoni di sorryeverybody.com). Bush e Moore mano nella mano mi sembrano perfetti: il problema e la soluzione, il diavolo e l’acquasanta, il buono e il cattivo, il bene e il male. Tutto rigorosamente Made in Usa, a ricordarci che è un grande paese che ha sempre un prodotto per tutti, pro e contro. Una grande nazione, dice Moore, solo temporaneamente nei guai, che se solo vinceva Kerry cambiava tutto. Come se la Strage del Cermis e mille altre cosacce non fossero avvenute anche durante amministrazioni democratiche. Non ce n’è, ad essere pacifisti americani la via decorosa sarebbe chiedere asilo politico a qualcuno, un gesto bello, grave e simbolico che però nessuno statunitense fin’ora ha fatto: “E se poi me lo concedono? Col cazzo che divento messicano…”