Ieri sera ho visto Knox, il documentario sul caso dell’omicidio di Meredith Kercher. Nelle recensioni si sottolineava che il film non ha una tesi sull’omicidio, che è vero, ed è una delle ragioni per cui si lascia vedere fino in fondo. Però ha almeno altre due tesi, perfettamente argomentate. Grazie alle candide dichiarazioni di Nick Pisa, giornalista italo-inglese del Daily Mail, autore di molti degli scoop più sordidi sulla Knox, il documentario dimostra oltre ogni dubbio il comportamento indecente di molta della stampa.
Ma la vera tesi del film è che la giustizia italiana è assolutamente inaffidabile. E la dimostra molto efficacemente grazie alla surreale performance di uno dei protagonisti, il Pubblico Ministero Giuliano Mignini (che compare su Wikipedia in inglese, ma non in Italiano). Il quale si fa intervistare a lungo, senza alcun freno: ci racconta di come, fin da bambino, lui amasse indagare (“Sherlock Holmes è uno dei miei personaggi preferiti”), e di come l’essere profondamente cattolico influenzi il suo agire, e il suo giudizio morale sugli imputati. Nessun autore sarebbe mai riuscito a scrivere un personaggio così. La sua performance vale tutto il film, e fa tremare i polsi.
La storia però, come sappiamo, non finisce bene: dopo tanto tempo non c’è alcuna certezza su come sia morta la povera Meredith. E questa è una colpa che il sistema inquirente e giudiziario italiano sconterà per molti anni – anche attraverso film come questo. Certo, da italiani ci si sente feriti nell’orgoglio. Però mi ferisce infinitamente di più che nel XXI secolo possa persistere quel genere di mentalità.