Gentile presidente della SIAE Mogol,
come molti altri iscritti ho ricevuto il suo messaggio nel quale ci esorta a far nostra la proposta dell’Onorevole Alessandro Morelli, Presidente della Commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera, che chiede “che le emittenti radiofoniche, nazionali e private debbano riservare almeno un terzo della loro programmazione giornaliera alla produzione musicale italiana, opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione”, e inoltre che una quota “pari almeno al 10 per cento della programmazione giornaliera della produzione musicale italiana sia riservata alle produzioni degli artisti emergenti”. Aldilà del linguaggio, e dell’occasione evidentemente sbagliata che ha fatto nascere questa proposta (la vittoria a Sanremo di un artista italiano dal cognome egiziano, peraltro certamente iscritto alla SIAE), voglio credere alla sua buona fede: “Tale iniziativa avrebbe dunque un impatto positivo sul mercato radiofonico italiano, generando maggiori introiti in diritti d’autore e in diritti connessi e contribuendo ad aumentare la quantità di musica prodotta in Italia. Come sapete, promuovere la musica italiana significa infatti sostenere l’industria culturale del nostro Paese e quindi le tante persone che ci lavorano.”
Siccome lavoro in questo ambito da molto tempo (assai meno di lei, ma in una zona a lei credo sconosciuta), le sottopongo una riflessione. Perché iniziare dalla fine, cioè approvare un provvedimento che suggerisce che il problema della musica italiana, e in particolare quello degli artisti emergenti, sia la scarsa programmazione radiofonica? Dato che invece i problemi sembrerebbero essere altri, e la poca attenzione di alcune emittenti alla musica italiana pare essere un effetto anziché una causa, mi permetto di suggerirle alcune misure che potrebbero essere di aiuto:
• Eliminare l’IVA sull’acquisto del primo strumento musicale contribuirebbe a diffondere la pratica della musica nelle nuove generazioni.
• Creare una rete di sale prova con affitti bassi o gratuiti. Questi luoghi, oltre a consentire agli artisti di provare, sono centri di aggregazione di nuove band, e di sviluppo delle creatività (come dimostrato nelle regioni dove esistono queste realtà).
• Agevolare i festival, i club, le associazioni che si occupano di valorizzare la nostra musica, con provvedimenti fiscali e semplificazioni burocratiche: questi sono luoghi importantissimi per “farsi le ossa”: molti sono in difficoltà, qualcuno si è perfino spostato all’estero.
• Defiscalizzare i primi album, consentendo alle etichette (major e indipendenti) di sperimentare, fare tentativi e far crescere nuovi artisti anche non Pop.
• Finanziare le riviste di settore che recensiscono regolarmente dischi e concerti di musica italiana.
Poi, se tutto questo non dovesse funzionare, bisognerà introdurre delle quote. Una misura mai piacevole (sarebbe bello se le cose avvenissero organicamente) ma talvolta necessaria, come nel caso delle quote rosa nella politica italiana.
Grazie dell’attenzione
Sergio Messina