Sono davvero molto colpito dal modo nel quale l’Italia sta reagendo al problema del Coronavirus. Già da ieri i TG erano pieni di richieste degli imprenditori, dei negozianti, della popolazione: basta misure restrittive, vogliamo tornare alla normalità. Sui social si minimizza, e si deride chi si preoccupa. Oggi c’è stata perfino una manifestazione a Codogno (al sesto giorno di isolamento) e nuove, reiterate richieste da parte del business lombardo. Posso capirlo: a nessuno piace la quarantena, e in molti ci stanno rimettendo del denaro. Lo Stato da parte sua è lievemente cerchiobottista: da un lato si annuncia massimo rigore, dall’altro si lascia la popolazione nel dubbio: che si fà lunedì, si torna a lavorare? Tant’è che la scuola per cui lavoro, che ha sede a Milano, mi ha appena comunicato che lunedì sarà comunque chiusa, e ci faranno sapere non appena lo Stato si sveglia. La cosa mi riguarda: dovrei iniziare a insegnare martedì.
Quindi stamattina ho fatto i compiti, ho guardato il sito dell’OMS, letto diversi pareri di virologi non italiani, che possono parlare senza temere il linciaggio politico e mediatico. Tutti sono concordi: la strategia cinese ha avuto successo, abbattendo il numero dei contagi e limitando l’esportazione del virus (cosa che in Italia non ci è riuscita: stiamo contagiando mezzo mondo). La strategia cinese è nota: isolamento della zona rossa per più di un mese (Wuhan è blindata dal 23 gennaio) e severe restrizioni in altre parti del paese. Nessuno suggerisce altre strategie – nessuno.
Si dice che questa situazione sta danneggiando il brand Made in Italy. Mi pare esagerato ma vero: non credo che il mondo smetterà di consumare il Made in Italy (o in China) per questo, anche se il turismo ne soffrirà di sicuro, e così l’immagine di noi come popolazione. L’entità del danno dipende anche da come sapremo gestire i prossimi giorni. Se continueremo a infettare il mondo, impiegheremo tempi lunghi per contenere il virus, e daremo l’immagine di cialtroni allo sbaraglio che non riescono a pianificare cosa succederà lunedì neanche oggi che è venerdì, non credo faccia bene a nessuno, non a noi e nemmeno al turismo. Se invece sapremo essere disciplinati (non dico come i cinesi, davvero encomiabili), non ci faremo riconoscere sui social o nei media, e sopporteremo con pazienza i disagi, affidandoci esclusivamente al parere degli scienziati, forse gioverà.
Ecco perché sono contrario alla sospensione delle misure restrittive, sia nelle zone rosse che in quelle gialle, che dovrebbero restare attive almeno per un’altra settimana: pare accertato che il tempo di incubazione sia di 14 giorni. E sono profondamente convinto che questa sia la scelta migliore anche per la nostra economia: per accertarsene basta fare mente locale su tutti i possibili scenari alternativi – tutti tranne uno.