Oggi doveva essere una giornata memorabile. L’aspettavo con ansia da circa un anno, non pensavo che sarebbe arrivata così presto ma ero prontissimo: una data da segnare sul calendario e ricordare in futuro. E invece.
Qualche settimana fa la scuola dove insegno mi ha chiesto l’autorizzazione di inserire il mio nome nella lista per le vaccinazioni del personale scolastico, e io immediatamente detto sì. Dopo qualche giorno mi hanno invitato a confermare la scelta sul portale della regione Lombardia, cosa che ho fatto subito, immaginando di essere inserito in un grande elenco che qualcuno avrebbe messo in ordine, stabilendo delle priorità. Ho 61 anni, insegno a distanza dall’anno scorso e certamente ancora fino a giugno, vivo in una minuscola frazione disabitata, non ho anziani in casa e nemmeno patologie pregresse gravi. Posso immaginare mille persone che hanno più diritto di me, dagli immunodepressi ai postini, da chi si occupa di familiari fragili fino alla cassiera del mio supermercato che incrocia centinaia di persone ogni giorno, e che ogni volta ringrazio profusamente: si chiamano “servizi essenziali” per una ragione.
Viceversa l’altroieri mi arriva l’SMS dove si dice di presentarmi oggi in un centro vaccinale. Il mio primo pensiero è stato di rimandare. Ho chiamato il mio medico il quale mi ha spiegato che così avrei solo lasciato il posto all’insegnante successivo, non a un disabile: le liste infatti sono separate. Quindi stamattina ho raggiunto il centro (a una trentina di km da casa), un hub efficientissimo (avevo l’appuntamento alle 11:06 e alle 11:08 sono stato vaccinato), mi sono messo in fila con gente tutta più giovane di me (insegnanti delle superiori, mi hanno detto) e ho avuto la mia prima dose di vaccino AstraZeneca – fin qui tutto bene (anche se il bugiardino fa impressione).
Però mi rimane in bocca un sapore amaro, l’impressione di aver rubato qualcosa a qualcuno. E così quella che doveva essere una data forse importante, un momento di rimbalzo emotivo, geografico e magari anche amoroso si è tinta di un velo di vergogna. Mannaggia.