Ogni anno mi ripropongo lo stesso dilemma e arrivo sempre alla stessa conclusione. Vivo da solo in una zona remota, non ho amici immediatamente raggiungibili, e passare la serata da solo tra Tv e Social un pochino mi intristisce. Quindi l’alternativa è sempre la stessa: guardare Sanremo da solo o non guardarlo. Però ogni anno ci riprovo: vivo nel mondo, leggo notizie e commenti, e dato che se ne discute molto anche nella mia bolla, vorrei almeno sapere di cosa si parla. Ovviamente poi (di solito il giorno dopo la proclamazione del vincitore) ascolto tutte le canzoni. La prima sera, complici le nuove puntate di Ozark, ne ho visto poco. Ieri sera, la seconda, ho fatto un tentativo più strutturato. Delle canzoni non parlo, ognuno ha i propri gusti, ne ho ascoltate diverse buone, qualcuna anche molto – ma non ho guardato tutta la serata. Perché il mio problema con Sanremo non è mai la musica ma lo show, il contorno, il resto, che mi attanaglia e talvolta mi trafigge. Sfortuna ha voluto che ieri sera sia incappato in due momenti considerati salienti, intensissimi, controversi, grandi episodi di Tv sociale che a Sanremo non mancano mai.
All’inizio Amadeus presenta la “co-conduttrice” della serata, una graziosa e impacciata ragazza romana, attrice di film romani la quale, come succede a migliaia di nostri connazionali romani e non, è nera. La giovane è davvero imbarazzata, così per rompere il ghiaccio gli autori le confezionano un monologo arduo e mal scritto – con tanto di citazioni colte. Sull’omofobia? Sul ritardo nella eliminazione delle barriere architettoniche? Sul dramma della depressione? Ma sei scemo? la ragazza è afro-italiana, quindi ovviamente parlerà del razzismo. Per convincere i razzisti che sbagliano? Non direi: tutti i neri del mondo hanno una singola cosa in comune – detestano il razzismo, e come dargli torto? Quindi questa simpatica, timida coattella (che forse un giorno reciterà Pirandello, ma non oggi né domani) ha convinto dei già convinti, commossi dalla sua (spiacevole e triste) disavventura, ma lasciato indifferenti gli eventuali razzisti sintonizzati sul Festival.
Poi ho visto il primo sketch di Checco Z. Detto per inciso: sono già tre anni che Amadeus ci rifila la gag di lui che è sorpreso, che non sa cosa stia per succedere: non so voi, ma a me aveva già rotto il cazzo al primo giro. Arriva Checco, che è spiritoso anche se non del mio genere, e presenta una scenetta nella quale fa la parte di una trans, la cui morale è “Fanno gli omofobi poi lo vengono a pigliare in culo da me”. Oltre all’omofobia detesto anche gli stereotipi, e Oreste (la trans, che inspiegabilmente continua a usare un nome maschile) ovviamente fa la prostituta. Qualcuno dirà: “Ma certo, è Sanremo, lo guardano tutti, deve mandare messaggi positivi anche generici”.
Ecco: io mi sono rotto il cazzo di una Tv che tratta il suo pubblico come imbecilli, razzisti, omofobi, ignoranti che devono sentirsi dire delle ovvietà e applaudire vigorosamente. Fateci caso, la Tv è quasi sempre così, da Mentana a Amadeus. E le battute di Checco mi arrivano come sberle mentre il pubblico dell’Ariston, sul quale bisognerebbe fare un documentario narrato da David Attemborough, sbatte le pinne entusiasta (per non dire di quando si scatena al ritmo indiavolato della Disco Dance: cringe factor 197%). Se si tolgono le canzoni (incluse quelle degli ospiti), è uno show infimo, scritto coi piedi e inspiegabilmente lungo, che mortifica chi lo guarda e restituisce un’idea di Italia per me scarsamente condivisibile.
Dispiace molto per la musica avvilita da gag infami, infilata tra roboanti proclami di ovvietà e scenette di quart’ordine, diluita in un oceano di mediocrità (talvolta malvestita). Ogni anno ci riprovo, ogni volta mi pare che la Tv mi prenda a calci in bocca. E stasera c’è Saviano, queen assoluta di tutte le ovvietà.
Dico una tremenda ovvietà ma da anni ho scelto di non guardarlo perché so che sarà esattamente così (quando va tutto bene, altrimenti può essere pure peggio). Faccio due citazioni colte: “ho il diritto di coltivare pregiudizi” (parafrasi da SM di qualche tempo fa, non ho l’originale davanti) e “non ho mai provato la merda di cavallo ma già so che fa schifo” (Guzzanti in uno sketch sul massone, riferendosi in quel caso però alla democrazia)
Tutto condivisibile. Purtroppo “altrimenti può essere pure peggio” è uno dei pochi buoni motivi per guardarlo – troppo pochi e non poi così buoni.