Sto leggendo l’ultimo libro di Franco Fabbri, L’ascolto tabù (il Saggiatore, 18 euro ben spesi) dove, tra le varie perle di sapienza e saggezza a volte stupendamente iconoclasta (sono articoli degli ultimi quattro anni, pubblicati su vari quotidiani e periodici) c’è un bellissimo ricordo di Roberto Leydi, che prende spunto dalla cronaca del suo funerale, intitolato “L’uomo col sigaro, e col registratore”.
Roberto Leydi
(1928 – 2003)
scheda biografica della RTSI
Devo molto a quest’uomo, personalmente. E’ stato mio insegnante al Dams all’inizio degli anni ’80, e mi ha insegnato una montagna di cose. Mica cazzate: per esempio con quale atteggiamento mentale avvicinarmi a musiche culturalmente distanti (che già ascoltavo ma senza capirle bene), dal blues rurale alla musica di Creta. Non solo; un giorno arrivò in classe e ci fece una lezione su un tema che poi sarebbe diventato capitale nella mia musica: il rapporto tra linguaggio e ritmo, tra prosodia (la linea del parlato) e melodia, e tutti gli stadi intermedi tra le lingue e la musica. Voci di mercato, predicatori neri americani, poeti africani, venditori arabi, cantilene di bambini, linguaggi per comunicare cogli animali (cavalli e galline) e mille altri esempi. Estasiato gli andai a parlare, chiedendogli due cose: di poter duplicare le registrazioni (tutte sue) che ci aveva fatto ascoltare, e di sostenere l’esame di Etnomusicologia studiando il Rap come fenomeno di poesia popolare. Non solo la sua risposta fu un bel sì ad ambedue le richieste (ho passato ore nel suo studio bolognese a duplicare e chiacchierare) ma sull’Hip hop mi fornì un indizio che si rivelò esattissimo: cercarne le origini anche nel fenomeno del Calypso in Jamaica, ma non quello di Belafonte; quello originale degli anni ’20 che è incredibilmente simile alla cultura del Rap e che è assai probabile che abbia influenzato i neri americani. Dopotutto uno degli iniziatori dell’Hip hop, dj Kool Herc, è un jamaicano trapiantato a New York.
Conservo gelosamente quelle due cassette di voci (più una di Calypso), che ho usato fino a consumare e che digitalizzerò. E conservo assai vivido il ricordo dell’esame (quasi pro-forma: aveva già avuto la tesina): mentre facevo ascoltare alla commissione gli esempi musicali (Sugar Hill Gang, Grandmaster Flash, ecc.) lui sorrideva facendo sì con la testa. Solo dopo un po’ ho capito che non stava annuendo: stava ballando, per quanto si possa fare ad un esame. A uno così come fai a non volergli del gran bene e non piangerne la scomparsa?