Come al solito Bolzano ha regalato. Tra gli argomenti interessanti si è parlato di found footage, oggetti (film, corti e qualsiasi altra cosa vi venga in mente) fatti con filmati di scarto o trovati (a Porta Portese, il mercatone dei romani, si trovavano migliaia di “pizze” di ogni genere). Per esempio: di solito, dopo il montaggio di un film, restano montagne di pellicola scartata, a volte intere scene. Qualcuno ha giustamente pensato di redimere questo materiale, utilizzandolo per altri scopi rispetto a quelli per cui era stato originariamente creato. Ecco, secondo me, una delle chiavi della modernità: utilizzare le cose per scopi diversi da quelli per cui sono state progettate. E vale in moltissimi settori della creazione, inclusa – massicciamente – la musica.
Questo argomento mi ha anche fatto ricordare un buon progetto realizzato con Claudio Sinatti (l’idea era sua): un oggetto visual sonoro (che abbiamo eseguito a Bologna, al vecchio link) che aveva come argomento (e titolo) le Found Photos, le fotografie trovate. Era il 2000 e c’erano due siti sul tema; oggi ce ne sono diversi, con fotografie trovate un po’ ovunque, ma le mie preferite restano quelle trovate per strada (qui c’è un blog a cui volendo si può contribuire). Una volta a Basilea ho trovato per terra la polaroid di un cazzo. Un’esperienza bizzarra a cui ho molto pensato (non era una foto qualsiasi ma una polaroid, quindi unica): cosa voleva dire? E’ una forma nuova di esibizionismo tecnologico indiretto? A cosa serviva sennò? A scioccare? A eccitare? E’ forse una forma svizzera di sfrontatezza? O magari arte? Mille le domande, poche le risposte. L’ho tenuta? No: il cazzo era up, e devo confessare che mi avrebbe inquietato possederla (è incredibile come l’educazione cattolica penetri nel profondo), anche proprio in quanto polaroid. Ma mi pare di averla fotografata (che se ci si pensa è una piccola performance già in sé), devo guardare. Fortunatamente non ero solo, quindi almeno ho un testimone.