Magari qualcuno di voi ha notato che la Siae sta cercando di rinnovarsi. Superata la difficile fase del commissariamento, durata diversi anni, ha rinnovato i suoi organi dirigenziali e sta cercando di rifarsi un’immagine dopo essersi comportata per anni come una piovra insensata. In questo suo sforzo di rinnovamento anche il trimestrale di informazione, che arriva a tutti gli iscritti e soci, circa 90.000 persone, ha subito una ristrutturazione. Questa rivista (carta patinata, quadricromia, oltre 140 pagine) contiene perlopiù materiale ideologico: quantè bella la Siae, com’è giusto il bollino, che figata il diritto di prestito (una cosa indegna che colpisce le biblioteche pubbliche). Inoltre propone profili di grandi autori italiani poco noti, come Domenico Guaccero, o più famosi come Eduardo. Ma non si sottrae alla modernità: in un lungo articolo intitolato “Creative Commons: yes or no” l’autrice, Monica Scalamogna, conclude che forse è meglio di no, dato che due regimi potrebbero creare “uno squilibrio all’interno dei processi di produzione e distribuzione dei beni che si avvalgono degli usuali strumenti di diffusione commerciale”, insomma perché darebbe fastidio al business. Questo volantone di lusso prima si chiamava “Bollettino della Siae”, un nome non molto fantasioso ma descrittivo. Adesso invece è stato ribattezzato con uno slogan, che è anche un programma culturale chiaro: Viva Verdi. Io non so se questa scelta sia stata meditata, se abbiano chiesto consiglio a qualcuno oppure sia frutto della creatività degli arzilli ultracentenari che compongono il CdA. E’ possibile che gli sia sfuggito che gridare Viva Verdi nel 2005 significa anche un po’ dire abbasso gli One Dimensional Man? Che suggerisce l’idea di una Siae che guarda indietro e rimpiange i bei tempi in cui la musica italiana era davvero importante? Che certamente non avvicina i “giovani” tanto strombazzati e teoricamente corteggiati proprio dalla Siae? Viva Verdi? E come fa? E’ morto da cent’anni… Proposta: cambiare il nome del bollettino Siae in “Morto un Verdi se ne fà un altro” o, se proprio è troppo lungo, in “Viva Verdena“. (Nella foto: autunno 04, in copertina un giovane autore Siae)