Questo è il mio “blog” indiano, una pagina html (detta localizer) che aggiornavo ovunque potevo, per dare notizie a parenti e amici. Non è esattamente il mio primissimo blog (che è qui, e precede di qualche anno il termine “blog”), ma quasi. Sono arrivato a Delhi il 27 ottobre 2002, e rientrato il 26 gennaio 2003.
Delhi, 27 ottobre
Io la odio, Delhi. M’e’ stata sul cazzo la prima volta e continua a starmici. Un bordello che la meta’ basta, tutti che c’hanno da vendere qualcosa, da farti fumare, figa, etc. Infatti adesso mi cerco un volo e me ne vado affanculo. Anzi, affan Kullu – in Himachal Pradesh. Detto questo il viaggio in treno e’ stato bello e comodo, e il catering delle ferrovie indiane (le piu’ grandi del mondo, e l’azienda col maggior numero di dipendenti sul pianeta, 1.600.000) e’ favoloso. Infinitamente meglio di Ceffo Espresso, l’abominevole (e monopolistico) catering delle effeesse. Siccome non so ancora bene come mi muovo e’ possibile che questa pagina resti cosi’ per qualche giorno: abbiate fede e tornate a trovarmi.
Delhi, 28 ottobre
Sempre a Delhi, ma con una speranza, anzi una certezza: mercoledi’, dopo due simpatiche orette di volo (costose: come andare da Milano ad Alghero in media stagione) atterrero’ a Kullu, simpatico centro alle pendici dell’Himalaya (nello stato dell’Himachal Pradesh). Da li l’idea e’ di andarmene nella Parvati valley dove si sta belli freschi, ci sono le sorgenti d’acqua calda e molti buddhisti (che rompono un po’ meno il cazzo). Qualcuno di voi si stara’ chiedendo: “se ne andra’ mica a Manali, il buon Sergio?” La risposta e’ no: mi ci mancano solo i fricchettoni europei… Quindi semmai dovessi andarci, sarebbe con un commando di skinheads tibetani a fare strage di hippies. Di nuovo: a Kullu forse non ci sono internet cafe, quindi abbiate fede e tornate.
Delhi, 17 novembre
Back in Delhi, ma ben riposato; due settimane nella Parvati valley farebbero passare il nervoso perfino a Micciche’ (che poi pero’ se lo farebbe tornare per vie nasali). La Parvati Valley e’ un posto benedetto da Dio: montagne meravigliose (l’Himalaya), foreste da fiaba e – ovunque – piante di Ganja spontanee (e non canapazza: profumatissima). Insomma un bel posto, tenendo conto che, pure sbattendosi, e’ difficile spendere piu’ di 50 euri a settimana (TUTTO compreso). L’unico neo e’ che ci volevano tre coperte per stare al calduccio di notte; per fortuna avevo un sacco a pelo comperato qui prima di partire: sacco a pelo per nani o per paralitici: ci entro a malapena ma non mi muovo… Infatti mo’ me ne rivado al caldo dove il saccappelo non serve. Dove? La risposta alla prossima puntata.
Delhi, 20 novembre
Incredibile a dirsi ma sto scoprendo Delhi; non Nuova Delhi, che e’ come l’Eur ma con le mucche (come fosse che lo spartitraffico della Cristoforo Colombo facesse anche da pascolo), bensi’ Old Delhi, che e’ bellissima, incasinatissima e molto varia. Ho visitato Jama Majid, la piu’ importante moschea di Delhi, e pare di stare a Teheran (ovviamente ho comperato uno zucchetto per cercare di passare inosservato – con scarso successo): un posto meraviglioso, cosi’ pacifico che ti viene voglia di convertirti all’Islam (ma per questo basta poco: la sola contemplazione del volto di George W. Bush (sui cui lineamenti Allah si e’ accanito non poco) per convincersi che Allah Uakbahr (Allah e’ piu’ grande). Qui invece tra poco ci saranno le elezioni e una delle candidate e’ la vedova di Rajiv Ghandi, l’italiana Sonia (very popular).
Bangkok, 25 novembre
Ebbene si: con una capriola degna del grande Houdini mi sono trovato un bel last minute (Sri Lankan Airlines) e ora sono a Bangkok – che e’ sempre uno spasso. Credo che questa sia la citta’ col cibo migliore del mondo: thai (pazzesco; qua mangiano davvero qualsiasi cosa si muova – inclusi forse i turisti), cinese (si mormora che il miglior ristorante cinese fuori dalla Cina sia qui), indonesiano, giapponese, e poi continental, italiano e – atroce ma vero – inglese e tedesco (con dei menu’ di sole 23 parole, immagino). Qui in Thailandia si produce la mia birra preferita, la Singha beer, la mia ganja preferita (thai stick o buddha stick) e c’e’ un mare che solo a guardarlo ti senti gia’ meglio. Peccato che al momento piove… Monsone tardivo. Ma se piove a Bangkok non e’ detto che sia cosi’ anche a Krabi, nel sud, dove conto di andare alla fine di questa settimana. Nel frattempo compro strumenti musicali, passeggio – cercando di non morire di caldo all’esterno e di freddo all’interno (i thai adorano l’aria condizionata, i ventilatori, il ghiaccio, etc.) – insomma mi ricreo. Una curiosita’: la thailandia e’ il primo posto al mondo che vedo dove si usano regolarmente i ventilatori all’esterno.
Bangkok, 26 novembre
Nella giornata di ieri ho deciso di sperimentare davvero il cibo di strada di Bangkok; in tutta l’Asia c’e’ la tradizione di vendere cibo per strada; in India spesso e’ il cibo migliore (e piu’ economico) che si possa trovare. Qui in Thailandia a volte pare davvero una leccornia, altre volte invece… Armato di Bimixin (un potente inibitore di dissenteria, just in case) sono partito la mattina con un piano chiaro (provare tutto il cibo di strada che mi attira) e alcuni limiti precisi (niente insetti e niente cibo melmoso). E devo dire che, a parte alcune pallette di pesce arrostite che sapevano un po’ di alga riminese, m’e’ andata di stralusso: ho mangiato come un bue tutto il giorno cibi strepitosamente buoni (incluso forse il miglior sushi mai assaggiato – costo 400 lire al pezzo), dolci favolosi (al cocco, all’ananas, al mango, alla cioccolata e, forse, anche alla cavalletta – non saprei) non riuscendo a spendere 10 dollari in tutta la giornata. Ma le cose piu’ buone e strane proprio non saprei dire cosa fossero: pastettine appallottolate, straccettini spiedinati, salse multicolori… un tripudio. Quello che ci mancava era un interprete per spiegarmi cosa stessi mangiando, ma tant’e’. Oggi per pranzo mangero’ quadratini verdescuro con salsa arancione, pallette bianche e rosse (polpette di granchio e surimi) e dolcetti rettangolari e sferici verdefluo e marroni; da bere succo di fiori (life is fine, really).
Bangkok, 29 novembre
Io ci vorrei andare, al mare – ma non mi riesce. Il tempo a Bangkok e’ bellissimo, cosa assai rara qui, e me lo godo. Nel frattempo sono sopravvissuto al delirio alimentare di qualche giorno fa (vedi sotto), ormai sono mitridatizzato e posso mangiare qualsiasi cosa. Ho visitato Puntip Plaza, il piu’ grande supermercato di tecnologia qui, e fa davvero impressione; ci ho visto casalinghe con vari sacchetti contenenti: ginger (per la cena), un paio di calze a rete, patate, una scheda audio a 32 bit, un chilo di riso, due hard disk scsi da 50GB, etc… Inoltre ho verificato una diceria: si, qui vendono il Viagra senza ricetta (scenetta in farmacia: Is it true that you sell Viagra off the counter, without prescription? Well sir… do you need it? Not really, I am just enquiring. Do you want it? 2200 bath (circa 50 euri) la confezione da 8; no, non l’ho comperato. Inoltre si, e’ vero che qui hanno poderosi stimolanti legali venduti in farmacia, tra cui la redbull extra (venduta in bottiglietta, 430 lire l’una, col farmacista che si raccomanda:”Mai piu’ di due al giorno, sir”).
Bangkok, 4 dicembre
Essere una merda e riconoscerlo e’ una condizione umana bellissima: sono una merda: che cazzo vuoi? Che ho detto di essere un buon esempio? No. Io sono una merda e me ne vanto. Un buon esempio e’ il mio rapporto con gli americani (statunitensi, insomma quei bifolchi del Minnesota, e non i simpatici boliviani o gli innocui canadesi: gli yankees) che incontro nel mio viaggio. Prontuario di conversazione con gli americani per merde come me: “Sorry, I don’t speak english – not even a little bit. You’ll have to excuse me, sir”; “Your embassy told you to be careful? My embassy told me just to avoid americans and I’ll be fine”; “Did you hear that in the south of thailand they’re racist towards people from Texas?” (falso, ma creduto da una coppietta, che mi fa “oh, well, we’re from Georgia”); “Where am I from? Sicily, in the middle east”; “Christmas? I plan to spend it in Teheran. Great place: ever been there?”. Non ce n’e’: essere una merda e’ molto meglio che voler bene a tutti. Io voglio bene a chi se lo merita. Gli altri possono schiattare di rabbia – se credono.
Bangkok, 6 dicembre
Se rinasco gay (maschio, femmina o qualsiasi altra cosa – nel mezzo e non) voglio rinascere qui; basta vederli per adorarli: liberi, belli, non affogati nel cattolicesimo, vivono la loro gaiezza in perfetta armonia col mondo. Io poi, che ho una passione estetica per le donne gay, qui sono in paradiso: butch deliziose, con taglio di capelli da marine e abiti maschili mano nella mano con eteree giovincielle… Una bellezza.
Bangkok, 8 dicembre
E’ ufficiale: i thailandesi mangiano gli insetti. Avevo gia’ visto in precedenza le bancarelle con grilli, cavallette e larve bozzolute fritte dorate, e devo dire che mi aveva fatto un po’ impressione. Non tanto le cavallette fritte in se, ma vedere gente che le mangiava (e parevano pure scrocchiarelle) un po’ si. Ieri in un vicolo becco un bancarellone specializzato, e mi fermo a vedere: oltre alle sopracitate specie aveva altri bozzoloni piu’ grandi (boiled, dice lui) e… i bacarozzi (come avrebbe detto il grande Albertone se fosse stato qui con me), le blatte, insomma: scarafaggi. Boiled pure questi, ma sempre inequivocabilmente scarrafoni – belli ciccioni. E quando una signora se n’e’ fatta fare un bel cartoccio sono fuggito. Sorry: vedere una signora cenare a scarrafoni bolliti mi piglia troppo male. Domani parto per il mare (sperando che il tempo regga; fa caldo ma ogni tanto pioviggina).
Naklua, 11 dicembre
Opla’: sono al mare. Crema solare, ciabatte, sabbia nel letto, etc. Detto questo sono in un posto davvero spaventoso, esattamente a 6 km da Pattaya – l’inferno in terra. Dove sto io e’ molto piu’ tranquillo, ma per controllare la posta (e scrivere questa pagina) devo venire a Pattaya (rischiando molte migliaia di malattie a trasmissione sessuale – e non). C’ho un bungalow, non esattamente sulla spiaggia, con blatte immense nel bagno di notte (yes, bungalow con bagno) e una bella vasca per i pesci (con dentro carpe da primato) subito fuori. Insomma me la cavo. Nel mio bungalow c’e’ anche una televisione; ho cosi’ potuto ammirare (grazie a Rai international): il maltempo al nord, la pioggia di cenere a sud, gli operai della Fiat e il nuovo figlio di Al Bano, che si chiama Al Bano Mario Tessuto… Al Bano Adriano Panatta… Al Bano Niccolo’ Carosio… Ah, ecco: Al Bano Giovanni Paolo: un bambino bruttino, incolpevole, con un destino agghiacciante di fronte a se. Buona Fortuna, Al Bano Maria Canins (chiunque non sapesse chi e’ Maria Canins – fulgido esempio di donna gagliarda e tosta – provi a cercare su Google).
Naklua, 12 dicembre
Buffo; a Pattaya non capisco i menu’ dei ristoranti perche’ sono in tedesco… A Naklua non li capisco perche’ sono in Russo (e per fortuna siamo in bassa stagione con la Russia – almeno fino a lunedi’: i package tourists russi li ho visti in Tunisia e francamente preferirei evitarli)… Fortuna che c’e’ un Noodle shop proprio di fronte all’albergo, dove posso appagare le mie (peraltro scarse) esigenze alimentari. La Noodle soup (con dentro chicken, duck oppure eggs o squid) costituisce la base della mia alimentazione (essendo io moooolto pigro al mare), integrata da ogni genere di frutta possibile e immaginabile (esclusi i mirtilli e le castagne): life is fine. Pattaya resta un inferno a la Bosch: interessante ma terrorizzante. Solo immaginare la quantita’ di batteri nocivi presenti nell’area mi fa tremare i polsi…
Naklua, 14 dicembre
E domani si parte, con una lacrimuccia (per il mare davvero spettacolare) e un sospiro di sollievo (per trovare una spiaggia decente oggi ho dovuto affittare un motorino); prima tappa Bangkok, poi Colombo (in Sri Lanka, ma solo per una notte di scalo) e martedi’ mattina sono a Delhi (all’ineffabile Hotel Relax, che sta in un posto incasinatissimo ma che in realta’ e’ pulito, silenzioso e ben gestito). Da li non saprei, e non chiedetemelo. L’obiettivo e’ di trovarmi a Natale in un posto dove nessuno dica Buon Natale. Teheran? Baghdad? Kabul? Vedremo: sono tutte destinazioni vicine… Ho visto la neonata compilation di democristiani di destra: meravigliosi, cioe’ uno schifo (non si capiva bene se era un raduno di mostri o un simposio sulle perversioni sessuali). Se non ci liberiamo di Rutelli alle prossime elezioni voto per loro, nella segreta speranza che le televisioni gli diano piu’ spazio e possiamo tutti godere delle loro facciazze per un altro po’. Una nota locale: nel mio albergo c’e’ la tv via cavo che trasmette – secondo me piratandoli – film anche recentissimi e soprattutto senza alcuna pubblicita’. D’altronde, se solo volessi, qui potrei gia’ comperare il VCD di Harry Potter 2…
Bangkok, 16 dicembre
A Bangkok, di passaggio; ieri, dopo un tragitto con lo zaino e il viaggio in pullman ho deciso di farmi fare un massaggio tradizionale thailandese (che avevo gia’ sperimentato due anni fa). Il massaggio tradizionale thailandese e’ completamente diverso dai soliti massaggi; non si usano le dita bensi’ le palme, gli avanbracci, i gomiti, le ginocchia, i talloni… e ti pigiano. In teoria dovrebbero premere sui 72.000 punti nevralgici del corpo – e a me pare che lo facciano davvero. Il massaggio tradizionale thailandese e’ brutalmente piacevole (o piacevolmente brutale) – e devo dire che dopo un’ora (e con un’altra ora davanti a me) ho insultato tra i denti la massaggiatrice; fattosta’ che dopo stavo meglio. Stasera Colombo (non il tenente, ma la capitale dello Sri Lanka) e domani back to Delhi. PS: la mia amica Chica mi segnala l’incredibile somiglianza tra il mio sito (quello in cui siete adesso) e quello di Al Bano (www.albanocarrisi.it). Non e’ un caso: sta per partire una collaborazione tra me e Al (per gli amici Bano), in cui finalmente Carreasy potra’ dare sfogo alla sua passione segreta: la produzione. Io? Io canto (che mi passa). Titolo: Tale Bano Tale RadioGladio.
Delhi, 19 dicembre
Back in Delhi, dopo un viaggio che definire allucinante e’ poco. Alcuni episodi: scalo a Colombo (Sri Lanka) dove un enorme cartello avvisa che per il POSSESSO di stupefacenti e’ prevista la pena di morte. La mia reazione e’ stata di non spendere un centesimo in un posto cosi’ di merda e di farlo presente a tutti, doganieri inclusi. Inoltre la Sri Lankan airlines fa veramente impressione (moooolto peggiore della Biman, linea aerea del Bangladesh, e piu’ costosa). Figuratevi che la tratta Colombo/Delhi ha incluso uno scalo non annunciato se non all’imbarco – una capriola che ha piu’ che raddoppiato il tempo di volo: praticamente una volta sull’aereo sei loro ostaggio. Se avete deciso di volare Sri Lankan il mio consiglio e’ di stare a casa o andare a piedi. Essere prigionieri di gente che ammazza chi si droga e’ veramente agghiacciante (e mi dispiace per Elio e le Storie Tese che hanno avuto una speciale liaison con Sri Lanka: si vede che era ancora un paese civile e non una dittatura). Ma tant’e’: Delhi e’ sempre Delhi e il Chicken Biryani – il cibo piu’ buono del mondo – e’ sempre all’altezza. Mo’ mi organizzo e poi via, verso oriente. Prima tappa Varanasi (Benares), dove spero che lo slogan per il 25 dicembre sia Merry Krishna. Due curiosita’: a Singapore, altra ripugnante dittatura salutista, e’ vietato importare tabacco: che Iddio li cancelli dal pianeta a colpi di tsunami. Viceversa e’ consentito fumare su TUTTI i voli diretti in Giappone: che Shiva protegga la splendida civilta’ del Sol Levante e il suo eccelso Imperatore…
Delhi, 21 dicembre
Opla’. Il tempo a Delhi e’ assai buffo; 27 di massima e 11 di minima. Questo vuol dire sudare di giorno e tremare di notte… tant’e’. C’e’ uno sciopero dei taxi e dei rickshaw (triciclo a motore tipo ape, adibito al trasporto passeggeri). Il motivo? Il governo esige l’uso del tassametro. Di solito i tassisti lo sfasciano, per poi poter dire “meter broken” e fare le tariffe a seconda dei passeggeri. Lo sciopero, che ha avuto un’adesione massiccia, ha anche qualche risvolto inquietante. Ieri volevo visitare un posto in periferia e non solo non ho trovato un taxi, ma mi hanno sconsigliato di prenderne uno privato perche’ i taxisti scioperanti hanno organizzato punti di osservazione, e se pescano qualche crumiro sono guai, per il guidatore MA ANCHE per il passeggero; sono rimasto in centro… Una parola sul posto da cui scrivo qui a Delhi; si chiama Satyam I-way, ha una trentina di computer con connessione dsl, e’ aperto dalle 10am a mezzanotte, costa 40 centesimi di euro l’ora, e’ consentito fumare e si ascolta solo ottimo hiphop. Domanda: esiste un posto cosi’ in Italia?
Delhi, 22 dicembre
Qui in India hanno il culto del Mahatma Ghandi, giustamente considerato il padre della nazione (con la sua lotta nonviolenta e la politica di non cooperazione con l’Impero Britannico e’ stato il leader della lotta per la liberazione e l’indipendenza del subcontinente Indiano). Lo amano cosi’ tanto che la sua faccia benevola e sorridente e’ riprodotta sulle banconote. Quali? Tutte. Su ognuna delle banconote in circolazione c’e’ la faccia del Mahatma. Molto bello ma… un po’ incasinato: i vari tagli (da 10 a 1000 rupie) si distinguono solo per le dimensioni, il colore (quando e’ ancora visibile: qui ho visto i soldi piu’ consunti e malridotti del mondo) e il valore scritto sopra, ma il disegno e’ lo stesso. Una curiosita’: uno degli strumenti simbolici della lotta di Ghandi e’ la “spinning wheel” una semplice macchina per filare il cotone. Questo oggetto simboleggia la possibilita’ degli indiani di essere autonomi in tutto, fino a filarsi il cotone e tessersi il proprio vestiario. Lo straccetto bianco che vediamo sempre addosso a Ghandi nelle foto se lo filava e tesseva lui, personalmente. Ho un treno alle 18.25 (lo Shivganga express) che mi scarichera’ domattina a Varanasi (Benares). Pare che le connessioni internet in questa citta’ (la piu’ santa di tutto il continente) siano rare e costose, quindi…. restate in ascolto.
Benares, 25 dicembre
Trovarmi in questa citta’ mi procura una gioia immensa, unica e rara. Qui e’ davvero tutto sacro, altro che Roma. Benares (o Varanasi, come vuole la toponomastica post-coloniale) e il suo fiume sacro Gange (o Ganga, come lo chiamano qui) appartiene alla stessa famiglia di citta’ di Napoli, Palermo o il Cairo – ma mille volte di piu’; la sindrome di Stendhal e’ sempre dietro l’angolo: spunti da un vicolo e trovi una stradina di costruttori di aquiloni, mentre nella precedente erano calderai… davvero pazzesco. Una nota sugli animali: qui non solo le vacche sono sacre ma tutte le bestie sono rispettate e benvenute. Tutte sarebbero: vacche, tori (immensi, cornutissimi e liberi), bufali, capre, maiali (che – giustamente – vivono nelle discariche di rifiuti e grufolano gioiosi), cani, gatti, piccoli topolini deliziosi, piccioni, falchi, cavalli, scimmie (dispettose e audacissime) e bellissimi pappagalli verde smeraldo… Ci si puo’ morire, a Benares (e infatti e’ sacra anche perche’ se si muore qui si esce dal circolo del karma e delle reincarnazioni e si va dritti nel moksha – la liberazione). Ovviamente le foto delle pire funerarie che si vedono da noi sono state tutte scattate qui, dove la morte e’ affare quotidiano e le cremazioni sono pubbliche (e molto naturali, niente di splatter). Volete farvi un regalo per il quale vi ringrazierete a vita? Venite a Benares.
Puri, 2 gennaio
Scusate il blackout, ma a Puri hanno altro per la testa che internet, col risultato che questa e’ la terza volta che PROVO a connettermi – e non e’ detto che riesca a mettere in rete questo messaggio. Detto questo il posto e’ assai bello, sull’Oceano Indiano, ho una stanza bellissima in una villa in stile post coloniale, appartenuta ad un raja. La mia stanza e’ la piu’ grande che abbia mai avuto: circa 50mq. Anche il tempo e’ dolce, assolato di giorno e freschetto di sera. E il cibo, perlopiu’ pesce… Insomma: sto bene, e cosi’ spero di voi. Ah, naturalmente IL MIGLIORE DEI 2003 A TUTTI.
Puri, 7 gennaio
A Puri e’ difficile arrivare (non e’ mai di passaggio, bisogna venirci apposta) ed e’ difficilissimo andarsene: bel tempo, bell’albergo (edificio postcoloniale tutto d’epoca), atmosfera di totale relax… Se riesco dovrei partire dopodomani – ma non e’ detto. Direzione sud, verso Madras. Eh si, perche’ l’atmosfera di Puri mi ha suggerito una piccola mossa: posticipare il mio rientro al 27 gennaio… Non fate del male alla mia famiglia.
Puri, 13 gennaio
Ce l’ho fatta: domani parto, direzione sud. Mercoledi’ mattina dovrei arrivare a Vijayawada, in Andhra Pradesh, per poi girare a sinistra verso l’interno dell’India. Meta di questa capriola e’ Hampi (in mezzo all’India – piu’ o meno), un posto cosi’ bello che vale la pena di cercarlo in rete per vedere delle foto. Conto di fermarmi ad Hampi qualche giorno e poi via verso Bombay, evitando Goa – che e’ un puttanaio di drogati. Qui e’ inverno pieno e i locali (detti Oriya e molto simpatici e tranquilli) hanno tutti freddo; io, che sono un noto freddoloso, vado regolarmente in spiaggia e mi abbronzo (mi sento un po’ come quegli svedesi che fanno il bagno a marzo a Ostia). Vale la pena di visitare Puri, tenendo conto che la mia stanza, bellissima e con bagno, costa 9 euri al giorno… Non so bene come funziona internet a Hampi (nel profondo nord del Karnakata), quindi restate in contatto.
Vijayawada, 15 gennaio
Sono nell’ufficio distrettuale della Telecom indiana di Vijayawada: gente che contesta bollette, che chiede allacciamenti, etc. Nel bel mezzo dell’ufficio ci sono io che scrivo. E’ l’unica connessione possibile in citta’ (ovviamente un modem e quattro computer, fortunatamente al momento inutilizzati; il massimo che ho visto e’ otto macchine allacciate ad un unico modem 33.6). Vijayawada e’ molto tropicale, piuttosto insulsa ma pulita (ho visto degli spazzini oggi: mai visti prima nel continente), cordiale e gradevole. Inoltre FANNO IL CAFFE’ (non Nescafe’ – ripugnante – ma ottimo caffe’ del Tamil Nadu), che non e’ male dopo oltre due mesi di Chai (il te’ locale, molto speziato, forte e eccellente). Insomma tutto bello, se non fosse che ho passato la scorsa notte in treno (da Puri a qui, con una signora che ogni tanto si svegliava al solo scopo di produrre dei tonanti rutti bestiali) e che ci passero’ anche la prossima (da qui a Hospet, e poi Hampi che sono solo sette chilometri). Ho gia’ detto che le donne dell’India orientale sono le piu’ belle del mondo? Ho anche aggiunto che sono completamente irragiungibili, intoccabili, etc.? Se e’ cosi’ allora devo solo concludere: prima di venire qui ero poderosamente innamorato della scrittrice indiana Arundhaty Roy, ma una volta arrivato in India mi sono reso conto che una su sei e’ bella come lei… Ma, come ho detto, si guarda ma NON si tocca!
Hampi Bazaar, 20 gennaio
Beh, e’ stata dura (due notti di fila in treno) ma ne e’ valsa la pena; qui il posto e’ impressionante, i monumenti sono incredibilmente belli (se volete cercare su google la parola chiave e’ vijayanagar – il nome antico della citta’, e dello stile dei monumenti) e la natura e’ davvero bizzarra: sassi enormi sparpagliati in un paesaggio lunare, contornato da palmeti, bananeti, risaie etc. Me ne staro’ qui fino al 23; il 24 sono a Bombay e da li parto per Roma la notte del 25. Quindi direi che il localizer in versione indiana finisce qui. Come dicono gli inglesi con un’espressione difficilmente traducibile: “Thank you for reading”.
Roma, 26 gennaio
Sono tornato stamattina, un rientro non facile anche grazie alla Emirates Airline (immediatamente ribattezzata Emigrates) che s’e’ persa il mio bagaglio: come cazzo si fa ad essere così prevedibili? Perché, o emigrates, non ti sei persa uno dei 250 disagiati mentali che occupavano l’aereo con me (che pareva la trattoria da Gigggettto ar porcaccione)? Proprio la mia valigia dovevi perderti? Che tu possa vivere in tempi interessanti (maledizione cinese), ma senza di me. Beh, insomma, sono qui (almeno nel corpo).