Ognuno di noi ha delle parti della sua storia che non racconta, per mille ragioni. Eccovene una che mi sono tenuto in tasca per oltre 40 anni, che oggi un caro amico mi ha ricordato mandandomi un link (alla versione digitalizzata del Radiocorriere TV da cui ho tratto queste immagini) e che forse a questo punto si può dire.
Quello a sinistra sono io a 13 anni, coprotagonista del telefilm in due puntate Una Pistola nel Cassetto, scritto da Giuseppe D’Agata, diretto da Gianni Bongioanni, e trasmesso il 12 e 19 marzo 1974 in prima serata dal primo canale RAI (dei due disponibili all’epoca). Sul sito di D’Agata trovate una descrizione della trama.
Fu una vicenda curiosa: io non avevo alcuna velleità di attore. Un’amica di mia madre le disse che cercavano un ragazzo della mia età, e mi convinsi a fare il provino – immaginando di essere eliminato immediatamente. Invece fui preso. Non ho ricordi bellissimi di questa esperienza: non mi sembrava di fare bene, non capivo come funzionasse il congegno, quel set non era esattamente rose e fiori, insomma non fu un bel gioco. Anche riguardarmi in tv fu un’esperienza strana e non interamente gratificante. Ma la cosa terribile fu l’istantanea, brevissima ma enorme celebrità. Capisco che oggi faccia effetto, ma all’epoca non esistevano i VIP, essere famosi (cioè visti da molti milioni di italiani sul Primo Canale Nazionale, come dice il Radiocorriere TV) significava essere fuori dalla società: nessuno incontrava Alberto Sordi o Mike Bongiorno sull’autobus. Viceversa incontravano me, che avevano visto per quasi tre ore, in due puntate, il mese prima. Ma nessuno mi chiedeva l’autografo, o mi trattava da VIP: mi scrutavano muti, chiedendosi cosa avessi di speciale. Anche a scuola i miei compagni non la presero benissimo, io ero socialmente un po’ goffo, insomma ecco. Con mio grande sollievo dopo qualche mese il mondo se ne dimenticò, io non cercai alcun seguito alla mia carriera (a differenza di Giusva Fioravanti, il bambino star dell’epoca) e Una Pistola nel Cassetto si perse nell’oblio.
So che la RAI l’ha digitalizzato, e anni fa un’amica me ne ha anche data una copia, in un formato ultra-mega (cassettoni digitali) che non ho mai avuto modo di convertire; non lo vedo dal ’74, e non sono sicurissimo di avere fretta di rivederlo. Però c’è.
La vicenda ebbe anche una piccola coda amara, legata proprio a questo articolo del Radiocorriere, scritto da Antonio Lubrano. Nel testo si accenna a mio padre, un’altra storia della quale parlo poco. Essendo figlio illegittimo, mia madre trovò molto indelicata la pubblicazione di questi dettagli, che svelava una vicenda tenuta segreta – almeno da lei. Io ho meno problemi ma ho sempre preferito non sbandierare questa storia, per alcune buone ragioni alle quali forse un giorno dedicherò un post. Però chi mi conosce la sa. Qui di seguito l’articolo integrale (uscito il 10 marzo ’74), purtroppo in formato immagine (clicca per ingrandire).