Tanti anni fa, quando facevo i dischi, i concerti, ecc. ogni tanto mi intervistavano. Sono sempre esperienze curiose (lo dico anche essendo stato dall’altra parte del fucile, qualche volta), dove si cerca di dare risposte sensate a domande assai varie, che vanno dall’arguto e documentato all’intollerabile. (La peggiore? “Quali sono i tuoi hobby?”)
Una volta, in una radio, il Dj mi domanda: “Perché fai musica?” Domandone, al quale si può dare una risposta articolata, ponderata e assai verbosa, oppure si può sintetizzare: “Faccio la musica che cerco nei dischi ma non trovo.” Dopo il programma, qualcuno mi fa notare che sembrava una risposta presuntuosa. Siccome io cerco di essere onesto, sono oltre trent’anni che mi domando se lo fosse; e mi sono risposto molte volte di no, che davvero io tento di produrre accostamenti nuovi, far collidere sonorità e generi distanti, e via dicendo. Tutto vero, ma onesto solo a metà.
La verità nuda e cruda la dice Aphex Twin in un’intervista che ho letto oggi: “The best thing about making music, you can listen to it.” Quindi non solo faccio la musica che non trovo nei dischi, ma la faccio per poi poterla ascoltare: me la canto, e poi me la suono.