Pur non avendo votato per il M5*, devo confessare di essere stato assai curioso sulla prima esperienza di governo del Movimento. E benché nessun presagio mi sembrasse benaugurante, ho pensato: “Lasciamoli lavorare”, o meglio lasciamo che si mostrino. Vediamo se, come dicono, porteranno uno stile nuovo, delle priorità diverse, una comunicazione previlegiata col “popolo”; magari daranno un impulso all’economia digitale, o esprimeranno nuove forme di partecipazione civile. Insomma: dato che i “nuovi” degli altri partiti mi sembravano assai vecchi, ho pensato che magari qualcosa di buono ne sarebbe uscito.
Invece hanno iniziato subito a deludermi. Su tutti i fronti, ma specialmente nelle cose che avevo date per scontate. Una volta non andavano in Tv. Oggi stanno tutti in fila da Vespa – il simbolo incontrastato del vecchio che non se ne va. In alternativa fanno le dirette Facebook come se fosse un canale del “popolo”, dimostrando di non aver capito una mazza di economia digitale. La partecipazione civile è zero: hanno appena bocciato l’idea di un referendum sulla TAV, e le votazioni se le fanno tra loro, sulla piattaforma (privata) Rousseau. Che ci fosse qualche sprovveduto me l’aspettavo, non sarebbero stati i primi. Il problema è che una volta i fessi stavano zitti e facevano sì con la testa, mentre ora aprono bocca. E quasi sempre gli danno fiato – senza sapere sempre bene cosa dicono: considerando che ognuno di loro la pensa in maniera differente, la cacofonia è incomprensibile. Una sola cosa mi pare chiarissima: chi ci è e chi ci fà. Questa sarà la discriminante che entrerà in gioco nell’ultima retromarcia del Movimento: da ieri è possibile essere eletti a vita. Proprio come la meglio DC: una vita da Bruno Vespa, a parlare col popolo.