Se ne parla molto in questi giorni, Mogol è assolutamente a favore, molti dei miei amici invece no. Parlo della proposta di inserire una quota del 33% di musica italiana obbligatoria nella programmazione delle radio. Su questo argomento ho tre domande.
1: Siamo sicuri che non sia già così? Non trovo statistiche affidabili, ma credo che, se si considera il totale delle emittenti, quella quota sia già coperta. Naturalmente ci sono radio che ne trasmettono il 100%, mentre altre assai meno. Una legge del genere costringerebbe gli “assai meno” a adeguarsi.
2: Come si definisce la musica italiana? Cantata in italiano (per esempio Michael Bublè canta le canzoni degli alpini)? Prodotta in Italia (per esempio un album di Chuck Norris registrato a Trebisacce)? Eseguita da italiani (Ricchi e Poveri sing Leonard Cohen)? In nessun caso comunque il nuovo album di Eros Ramazzotti rientrerebbe nella categoria, così come i primi dischi di Elisa o degli Afterhours, cantati in inglese. Non è musica italiana questa?
3: Se si vuole aiutare la musica italiana, e proteggerla dall’assalto di quella straniera o comunque tutelarla, come mai si comincia dalla fine? Non sarebbe più sensato adottare dei provvedimenti che effettivamente stimolino la produzione di musica italiana, e ne alzino la qualità? Quali? Ah, la lista è lunghissima: niente IVA sull’acquisto del primo strumento musicale; affitti gratuiti o agevolatissimi per le sale prova. Realizzare finalmente un vero censimento della scena musicale italiana (cosa che in tanti anni nessuno ha mai fatto); agevolare i festival, i club, le associazioni che si occupano di valorizzare la nostra musica, con provvedimenti fiscali e semplificazioni burocratiche; defiscalizzare i primi album (una mia proposta ultra-trentennale), consentendo alle etichette di sperimentare, fare tentativi e, eventualmente, far crescere degli artisti; finanziare le riviste di settore che recensiscono regolarmente dischi e concerti di musica italiana.
E alla fine, se ce n’è bisogno, magari anche istituire delle quote alla radio. Quote che, come nel caso della parità di genere, non mi piacciono particolarmente. Ma se possono aiutare a risolvere un problema (come la scarsa rappresentatività femminile nella politica italiana, o la supposta scarsa programmazione di musica italiana nelle radio), sono le benvenute.
bup