Rientro in Italia (oramai da diversi mesi) e ritrovo antichi problemi, tra cui uno che mi sta molto a cuore: quello della satira. In Italia, purtroppo, la satira non gode di buona salute. Se ne fa pochissima, e quella che c’è spesso manca di mordente. Non solo per colpa sua: in Italia, la tolleranza alla satira è prossima allo zero. Certo, c’è la libertà di parola. Però non c’è grande abitudine a usarla. Da un lato perché abbiamo leggi civili sulla diffamazione molto poco garantiste, che scoraggiano i comici (specie quelli meno visibili, e magari più estremi) dall’esagerare, nel timore di richieste di risarcimento letali. Ma non c’è solo questo. In molti anni di umorismo talvolta forte, che è uno dei miei tratti distintivi, ho collezionato molti commenti critici, proprio sulla cattiveria. In Italia non ci siamo abituati, e la televisione non aiuta: i barzellettieri della tv italiana, nessuno escluso, sono molli.
Conoscendo l’inglese, è veramente facile verificare che il mio umorismo non è affatto feroce. O meglio, è forse pungente, magari a volte morde, ma non è niente in confronto a quello che viene considerato accettabile, e spesso osannato, fuori Italia. Un eccellente esempio è il recente show di Ricky Gervais, Humanity, disponibile su Netflix (ma anche altrove, credo). O lo strepitoso special del 2017 di Louis CK (che è un molestatore, e allo stesso tempo un genio della comicità), sempre su Netflix (forse coi sottotitoli), o anche gratis su Vimeo: questa è roba feroce, qualche volta perfino assassina (Gervais in passato ha regalato moltissimo). Altro che il tiepido, conciliante Messina.