Torno su un argomento del quale avevo parlato qualche giorno fa: il senso dell’umorismo e della satira secondo la mia sensibilità. Uno dei congegni fondamentali della comicità consiste nel definire dei ruoli esatti e scrivergli dei testi appropriati. Le battute di Boldi e De Sica, Stanlio e Ollio, Bonolis e Laurenti non sono intercambiabili: funzionano perché dette dal soggetto giusto. Il meccanismo diventa molto interessante quando c’è una sovrapposizione tra persona e personaggio, cioè quando un comico non recita qualcuno ma è “se stesso”. Le virgolette sono necessarie perché ovviamente nessuno è esattamente se stesso quando è in scena, nemmeno i comici Stand up. Quei “personaggi” sono la rappresentazione di loro stessi, con alcuni elementi fortemente esasperati. Ogni comedian costruisce un Se che deve essere teatralmente interessante ma ancora abbastanza lui, o lei, da permettergli di parlare in prima persona dei suoi difetti, delle cose che ama o più spesso detesta. Ovviamente più un comico è bravo, più questo personaggio sarà aderente alla sua personalità e allo stesso tempo paradossale e estremo. Esistono famiglie di Stand up comedian, gruppi che sono simili per genere, provenienza sociale, colore della pelle. E spesso anche per la direzione dello sguardo: i comici Black parlano spesso di questioni razziali, dall’interno. Allo stesso modo fanno le comiche donne col sessismo: lo sguardo di Littizzetto sui maschi è simile a quello di molte sue colleghe. I Blue collar (molto bianchi e carnivori) guardano il mondo dall’angolo Redneck. Una delle scuole più antiche è quella della comicità ebraica che ha un suo stile e vari temi comuni ricorrenti: le più belle battute su Dio le ho sentite da loro.
È evidente che nessuno di questi comici potrebbe scambiarsi i testi. L’umorismo funziona diversamente, e prende senso, proprio a seconda di chi parla. Specialmente se è umorismo tagliente – il mio preferito. Dave Chappelle, un gigante della comicità moderna, dice delle cose precise, inesorabili e furiosamente giuste sul razzismo, facendomi ridere, riflettere e vergognare nello stesso momento (come quando allude ai previlegi impliciti nell’essere bianco in una società multirazziale). Potrei fare le stesse battute? Ovviamente no. Non solo sarei ridicolo ma probabilmente equivocabile, e non otterrei lo stesso strabiliante effetto su nessuno. Le barzellette sugli ebrei di Moni Ovadia funzionerebbero se dette da me, battezzato cattolico?
Quindi una regola sembrebbe essere che si sbeffeggia ciò che si conosce in prima persona (il razzismo, il sessismo, Dio), qualcosa che non ci piace perché ne siamo stati a stretto contatto: tra i miei bersagli satirici preferiti c’è la Chiesa Cattolica, fonte di infiniti lazzi. Essendo cresciuto in una nazione ottusamente bigotta, governata nel 2020 da una masnada di baciapile senza vergogna, mi riservo il diritto di sfottere tutti i santi in ordine di altezza. Potrei fare lo stesso con lo Scintoismo? No, per due ragioni: non sapremmo di cosa parlo, e agli scintoisti sembrerei inspiegabilmente offensivo. Ecco uno dei motivi per cui le famose vignette su Allah di Charlie Hebdo non mi piacciono: sono fuori contesto, provenienti da un paese (e continente) che si è distinto per un brutale passato coloniale e un discutibile presente post-coloniale, che nel difendere CH usa l’Illuminismo come una clava per affermare la propria superiorità culturale. Vignette senza ruolo, inesatte, in arrivo dal posto sbagliato, pubblicate e ripubblicate forse solo per offendere da un giornale senza testa, che non sa dove si trova, che sembra non conoscere la storia. Vignette che però fanno vendere tante copie, anche tra i molti razzisti d’Europa. La libertà di opinione è un bene supremo, ma altrettanto supremo è sapere come usarla.
Lo dico ancora per evitare fraintendimenti: la libertà di espressione per me è sacra, e non credo che qualcuno dovrebbe poter impedire la pubblicazione di qualcosa, qualsiasi cosa, se non la coscienza degli autori stessi. Inoltre l’idea che qualcuno possa essere ammazzato per una vignetta mi fa orrore oltre ogni limite. Ma qui parlo d’altro.