C’è uno strumento musicale che, a mio avviso, oggi è in una situazione difficile: la Batteria. Ne parlo qui anche perché so che se mi sbaglio qualcuno di voi me lo farà notare (personalmente o attraverso il giornale). Da un lato me lo auguro: io amo la Batteria. Ma è un po’ che ci penso, e perfino se mi sbagliassi il problema ci sarebbe comunque.
Si tratta di uno strumento stupefacente. In realtà non è nemmeno uno strumento, bensì la combinazione di percussioni da banda una volta suonate da singoli; alla fine dell’800 si inizia a sperimentare coi pedali, per consentire a un esecutore di suonare più strumenti contemporaneamente: dapprima la grancassa e poi anche altri. Uno dei nomi americani della Batteria è Trap set, da Contraption, letteralmente aggeggio, marchingegno. Questo nome racconta il contesto Pop nel quale si sviluppa lo strumento. Negli anni ’30 il ritmo è al centro della scena: lo stile dominante è lo Swing è la Batteria è fondamentale; non è ancora come la conosciamo noi, ma inizia ad assomigliargli. Tra i sistematizzatori dello strumento e delle tecniche c’è Gene Krupa, primo bandleader batterista della storia e interprete del primo assolo mai registrato. Anche la Batteria, come la Chitarra e il Basso elettrico, diventa popolare con l’arrivo del Rock’n’roll. Nelle musiche di matrice rock è importantissima e, benché inserita in una sezione ritmica, è assai più centrale che nello Swing; col succedersi degli stili cresce di volume e di intensità. Il Pop moderno, da un punto di vista del mixaggio, sostanzialmente ruota intorno alla Batteria; che non è più un elemento della sezione ritmica, ma una sorta di edificio sonico abnorme anabolizzato dagli effetti, primo tra tutti il Compressore, che sostanzialmente schiaccia i suoni creando quell’effetto di pompaggio, a volte bestiale, di cassa e rullante. Naturalmente un po’ di compressione aiuta e piace, ma oggi si sta esagerando: c’è una generazione che non conosce altro suono al di fuori di questo, e non ha mai sentito un tamburo suonare al naturale. Inoltre, data l’insistenza dei ritmi sui quarti, suonati di solito da cassa e rullante pompati all’inverosimile, si è creata una sorta di assuefazione degli ascoltatori. Un po’ come a chi mangia con molto sale il resto pare sciapo.
Il bell’articolo di Daniele Grasso (Insound n° 55) sulla registrazione della Batteria descrive molto bene (e con grande varietà di approcci) la sofisticazione raggiunta dalle tecniche di ripresa dello strumento, e di come catturare le molteplici nuances dell’esecuzione (quando ci sono: molti batteristi si stanno adeguando alle regole della compressione radicale). Ecco, potremmo iniziare tutti: fonici e produttori abbassando un pochino cassa e rullante (specie nella musica in 4/4) e il fattore di compressione; e i batteristi, cercando di suonare intorno ai quarti, magari senza suonarli o suonandone meno. Non solo il gusto ci guadagna, ma magari esce anche qualcosa di nuovo.
Anche i programmatori, e i musicisti elettronici, dovrebbero fare la loro parte. Non solo in quanto fonici e batteristi virtuali, ma anche come compositori e arrangiatori, cercando incastri inediti e soluzioni ritmiche meno elementari. In fondo, per esempio nella house, c’è una via che molti stanno già esplorando. Avete presente quel momento dei pezzi dance in cui vanno via cassa e rullante e il pezzo rimane sospeso, ma perfettamente ballabile? E se questi strumenti non rientrassero mai? E se non ci fossero proprio, e tutto stesse in piedi grazie a quello che succede negli spazi intermedi tra quei 4/4?
Ah che bello, un mondo senza quarti, con ritmi meno espliciti ma non meno danzerecci. Un paesaggio musicale, anche generico, dove non sentiamo il bisogno di sottolineare a ogni maledetta misura dove stanno l’uno, il due, il tre e il quattro. Lo so da me dove stanno: tu raccontami il resto, che è assai più interessante.
Uhm…compressione esagerata…
Non sono molto d’accordo: è vero, questa è una visione della batteria, nello specifico quando viene registrata.
Sicuramente la batteria va livellata in studio: soprattutto se ti piace il suono del bordo, quello che ti dà il suono “da pentolaccia”, altrimenti (e qui dipende da quale tipo di rullante usi), anche suonando senza martellare, rischi di coprire o invadere il campo di qualcun’altro, se fai una registrazione in diretta o parzialmente in diretta (due strumenti per volta su un totale di 4, ad esempio).
Sono un batterista, ho da poco varcato la soglia dei 40 anni, ma ritengo che la batteria sia, specie nel mondo della registrazione, una questione di cultura e gusto, intendendo con questo ciò che normalmente ascolti e che ti piace.
Quando parli di artisti dimenticati, di incisioni del 1930, ecco, più o meno il mio mondo sonoro è quello, dal 1985: va da sè, quindi, che, nonostante io trovi Hank Williams ripetitivo (nonostante sia la “radice madre” di tutta la musica che ascolto), esiste altro, nel hillbilly, ma soprattutto nello swing. Lì lo strumento principe era la batteria, grazie a Krupa ma anche grazie all’esistenza stessa di quel genere, nato per essere ballabile e quindi necessitante di ritmo, come la house o la techno oggi (ma le differenze ci sono, ed enormi, non solo palesemente temporali).
Io, ad esempio, sento molto la melodia, e mi baso su quella per scandire il ritmo da dare alla mia band durante le serate: non ho bisogno del contrabbasso in spia, ma delle due chitarre, semiacustica e steel, e della voce, poichè sento meglio le divisioni melodiche. Una cosa tipicamente da autodidatta: è dal 1991 che “funziono” in questo modo come batterista.
Tuttavia sto prendendo lezioni solo ora, poichè voglio capire come facevano Cozy Cole e gli altri grandi batteristi della storia a fare quello che facevano: io ho poca tecnica.
Ma essere batteristi vuol dire inserisri in un contesto di gruppo, e cercare di rendere tutto armonioso, musicale: se ci si concentra solo sul proprio strumento, fuori si sente, e il risultato risulta disarmonioso.
Allo stesso modo, in fase di registrazione, non penso si debba abusare della tecnologia, seppur disponibile in grande quantità: compressioni, smorzamenti, cambiamenti di suono….è un mondo che non mi appartiene, pur capendolo.
Se prevedi di fare questo in studio, con quale criterio scegli il suono del rullante o della cassa quando acquisti un set? “Questo è faggio, senti che suono…” – poi lo stravolgi: scelta quasi inutile dal principio, quindi.
Fosse per me, adotterei le tecniche che usava Sam Phillips negli studi della Sun Records (batteria fisicamente distante, chitarrista isolato, cantante ripreso mentre canta contro l’angolo del muro…cose così).
Ma, mi rendo conto, non tutti hanno questa visione.
Grazie Frank,
io mi riferivo al modo in cui viene registrata e mixata la batteria nella musica Pop odierna, diciamo quella che va su MTV: certo che poi Cozy Cole (o anche Loyd Knibbs, indimenticato batterista degli Skatalites) suonano (e vengono mixati) in modo diverso – ringraziando il cielo.