Il mio indirizzo email campeggia in cima a questa pagina ormai da dieci anni; questo semplice fatto ha dato luogo a un dialogo tra me e quelli di voi che hanno deciso di scrivermi. La gran parte della posta che mi arriva è in qualche modo legata agli argomenti che tratto, e si divide equamente in quella concorde (meno divertente da leggere ma assai gratificante) e quella critica, quasi sempre circostanziata e mai completamente inutile (a parte quando ho scritto un pezzo in cui sfotticchiavo amabilmente i vegetariani, alcuni dei quali se la sono presa moltissimo; da cui ho dedotto che non mangiare carne forse danneggia il senso dell’ironia). Ce n’è poi un terzo tipo, più raro ma sempre sorprendente: sono i messaggi di quelli a cui sono simpatico, o che in qualche modo mi vedono come un fratello maggiore, che mi scrivono dei loro problemi, delle loro perplessità e sogni, a volte addirittura chiedendomi consigli. Nell’ultimo mese mi sono arrivate ben tre email che chiedevano la mia opinione su un argomento da sempre assai dibattuto dagli esordienti: i concorsi per giovani musicisti.
Esistono due generi di concorso musicale per esordienti, pubblici e privati. Quelli pubblici di solito sono le classiche manifestazioni paravento, che le amministrazioni pubbliche più pigre organizzano per poi poter dire di avere a cuore i giovani e la musica. A un Comune o una Regione infatti, organizzare una cosa del genere costa pochissimo: si stampa una brochure, arrivano i demo, si mette insieme una “giuria di esperti” (che può contenere di tutto, dal figlio del Sindaco al direttore della banda del paese, passando da “noti DJ della regione” o a ministar della critica musicale locale), si selezionano i migliori dieci (o si elencano i dieci più raccomandati) che si esibiranno nella seratona finale. La quale ha un’economia fissa e a suo modo perfetta: il teatro (solitamente pubblico, e quindi gratuito) si riempie di parenti e amici paganti delle band – che naturalmente suoneranno gratis. Investimento zero, ritorno d’immagine discreto per il politico che organizza.
Quelli organizzati da privati funzionano in modo simile ma, se possibile, ancora più sfigato. Abitualmente sono indetti da piccoli editori musicali, da mobilieri d’assalto che, esaurita l’offerta “tutto al 50%” sperano così di allargare il proprio giro, o da oscure associazioni culturali con nomi da parrocchia tipo “un canto per il sole 2000”. Abitualmente c’è di mezzo una radio, la più improbabile della zona e comunque una che non trasmetterebbe mai non dico i gruppi in concorso, ma nemmeno le band a cui si ispirano. Il privato di solito ha una giuria lievemente più di profilo, ma del profilo sbagliato: ex star sul viale del tramonto o vippame tv di quinta categoria – gente a cui della musica non interessa, che è li per tutte altre ragioni. La seratona finale, sempre a pagamento, è totalmente incartata dallo sponsor e le band sono evidentemente l’ultima preoccupazione degli organizzatori. Ho visto coi miei occhi un premio consegnato alla band direttamente dal proprietario dell’azienda che, dopo avergli fatto brevemente ringraziare gli organizzatori (cioè lui stesso), li ha lungamente intrattenuti sulle qualità del suo prodotto.
Una cosa hanno in comune tutti i concorsi per giovani musicisti, una che chiarisce esattamente quanto valga parteciparci: il premio. E invariabilmente, quando vai a leggere, scopri che non si vince mai una mazza. Il miglior premio resta “la registrazione e pubblicazione di un CD”, anche se poi sappiamo che non verrà distribuito né pubblicizzato e che quindi non contribuirà al percorso professionale del gruppo. Tra i premi più esilaranti di cui ho sentito ultimamente c’è il sempreverde “La possibilità di esibirsi di fronte a un audience di addetti ai lavori, manager e discografici” (che non solo non serve a nulla, ma che costituisce certamente il peggior pubblico immaginabile) e l’incredibile “Il vincitore vedrà pubblicate quattro sue canzoni su internet, con fotografia e bio-storia dell’artista”. Cioè praticamente vinci un myspace, che è gratis, ma senza il networking. Insomma, a me i concorsi musicali mi sembrano un pacco, ma nel dubbio guardate cosa si vince e, se non sono soldi liquidi o partite di prosciutto, pensateci due volte.