Braccia sottratte alla cottura

Forse vi sarà capitato di vederla; non la riporoduco in questa pagina solo perché mi fa schifo. E’ la pubblicità murale di un canale tv: due pere (o una patata) con la dicitura “L’uomo non vede altro”. A Milano campeggia su una serie di cartelloni 6×3, alcuni dei quali sfortunatamente piazzati nel percorso che tutti i giorni mi porta al lavoro: e ogni volta che li vedo mi incazzo.

Essere maschi eterosessuali è da sempre assai difficile, da un punto di vista mediatico. L’uomo consumatore infatti, tradizionalmente detentore del portafogli nella configurazione italica, è considerato la preda più ambita dai pubblicitari, che però conoscono solo un metodo per attirarne l’attenzione: le pere, o appunto la patata. Ma come: mi racconti che sei un sofisticatissimo esperto in comunicazione, magari c’hai pure una laurea, mi parli di trend, di target e di campagna virale e poi tutto quello che riesci a esprimere sono due pere e una patata? Anni e anni di studio, di tirocinio, di apprendimento dalla viva voce delle grandi leggende della pubblicità italiana per poi insistere sulle tette? Ma non vi sentite dei falliti? E se no, come mai, essendo la vostra pochezza così spettacolare?

D’altronde pere e patate sembrano essere il solo nutrimento di un sacco di gente dell’ambiente. Per anni l’Espresso e Panorama hanno combattuto una guerra di copertine basata interamente su questi due vegetali. A volte con capriole notevoli: ci vuole del genio per riuscire a collegare a ogni argomento, da tangentopoli all’Aids, l’immagine di una signorina poco vestita. Un genio che alla stampa italiana non ha mai fatto difetto. Io ho smesso di comprare l’Espresso proprio per questo: la sola idea che qualcuno possa pensare di avermi attirato mediante l’esposizione di pere e patate mi fa tale e tanto orrore che preferisco evitare.

Naturalmente le colpe non stanno tutte da una parte; se le aziende si impuntassero, probabilmente i creativi pubblicitari sarebbero costretti a fare il loro lavoro per davvero, e farsi venire perfino un’idea nuova. Viceversa, evidentemente, le pere fanno vendere più automobili o più cellulari. E anche noi, in quanto consumatori, abbiamo la nostra parte di colpe. Non solo non abbiamo smesso di comprare prodotti che si pubblicizzano usando donne nude, ma anzi devo supporre che la pera abbia fatto il suo mestiere. E solo di rado ci siamo arrabbiati per il modo in cui i pubblicitari ci vedono, per la scarsa opinione che hanno di noi e per come ci trattano.

Fattostà che ogni volta si supera un piccolo limite, e non posso non notarlo. Siamo passati dal classico “Beh, a chi è che non piace un bel corpo femminile?” (una frase zozza, spregevole e falsa, magari sensata nel caso della Venere di Milo ma certamente non in quello di Pamela Prati in calze a rete) a questa nuova e poderosa porcheria: “Un uomo non vede altro”. Una frase inaccettabile, che grida vendetta: in che senso non vedo altro? Ma sarai tu a non vedere altro. Come ti viene in mente di insinuare una cosa del genere? Io vedo un mucchio di altre cose oltre pere e patate. Vedo pubblicità che presuppongono idee spregevoli, e perpetrano luoghi comuni offensivi per la popolazione. Vedo affissioni che suggeriscono l’idea che di una donna tutto quello che conta sono pere e patata – quindi forse non serve che si laurei, che impari la fisica o cerchi un lavoro migliore. Vedo “creativi” che pensano col culo, o magari col pacco, ma quasi mai con la testa. Non ce n’è: l’unico pubblicitario buono è il pubblicitario morto: impanato alla boscaiola, con contorno di pere e patate.

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