Brave new porno

Uno dei temi più evidenti e spettacolari del porno amatoriale è quello del coraggio: per fare il porno insomma ci vogliono le palle. Questo fatto è noto fin dall’inizio della fotografia erotica; negli anni ’20 la pornografia era rappresentata essenzialmente dalle famose cartoline sexy da barbiere. Parte dell’appeal di queste immagini, che ritraevano perlopiù ballerine di varietà, stava proprio nella sfrontatezza (spesso innocente e gioiosa) delle pose e degli atteggiamenti, che suggerivano uno stile di vita appunto coraggioso e anticonformista.

Il primo aspetto che oggi salta agli occhi è ovviamente quello della vergogna: il porno è tale proprio perché si fanno vedere le proprie “vergogne”, e perfino nel caso di persone bellissime, quando si mostrano nude si attribuisce loro un certo grado di coraggio. Un coraggio centuplicato se la persona in questione non è ne’ famosa ne’ perfetta (come spesso sono le attrici hard anche grazie a Photoshop, e come invece sono assai di rado i protagonisti del genere amateur), e di mestiere non si mostra – ma appunto lo fa per passione. Infatti molti dei protagonisti parlano di questa attività come intensamente liberatoria: non so voi ma io, che non ho problemi a stare nudo in pubblico, ne avrei qualcuno se circolassero delle mie immagini mentre faccio sesso.

Inoltre alcune delle pratiche documentate dal porno amatoriale sono fisicamente rischiose, o comunque sul confine. E’ naturale: la pornografia industriale copre le aree di maggior consumo, quelle che interessano un pubblico vasto. Mentre le cose più estreme, fisicamente o psicologicamente più intense o pericolose, sono trattate molto meglio (e in certi casi esclusivamente) dalla pornografia amatoriale. Per intenderci: è chiaro che la foto di un uomo sospeso per i testicoli (una pratica piuttosto diffusa, benché davvero terrorizzante a vedersi) ritrae una persona a cui questo piace, e molto: appendersi per le palle è l’esempio perfetto di una cosa tra il cui dire e fare c’è davvero in mezzo un mare. Dovendo fare dei soldi come attore porno è senz’altro molto più semplice trombare.

C’è poi un coraggio contingente, legato alle circostanze in cui ci si fotografa: esiste un sublime genere, detto Flashing, dove ci si mostra seminudi in pubblico (e ci si fotografa mentre lo si fa): negozi, autogrill, per strada – insomma ovunque. Ovviamente ci sono anche tutte le varianti hard: andare a fare un’orgia in un cinema porno (o trombare dentro una chiesa), comunque la si veda, richiede una certa dose di coraggio – e filmarsi mentre lo si fa certamente fornisce un brivido aggiuntivo.

Ma il vero brividone è naturalmente dato dalla pubblicazione planetaria, grazie alla rete. Che però pone un’ennesima questione di coraggio, forse la più grossa: metterci la faccia. Noi italiani lo sappiamo benissimo; negli anni ’80 si diffuse il fenomeno delle “mascherine”, tuttora assai in voga (per esempio nei deliziosi filmetti sporcaccioni della toscanissima centoxcento video): dilettanti in libertà davanti all’obiettivo. Molto avanti, in un certo senso: suggeriva il primato del diletto sulla professione, condito con l’idea che quelli avrebbero potuto essere i tuoi vicini. Le foto amatoriali italiane su internet sono le più pixellate di tutte: le facce, i tatuaggi, i gioielli, i nei, perfino i mobili di casa vengono mascherati per mantenere l’anonimato. I popoli latini sembrano ossessionati da questo aspetto; assai meno i nord-europei, e per nulla gli americani. Facce qualsiasi, con corpi normali ma espressioni fierissime, e spesso gioiose, tra la sorpresa e la riappropriazione. Perché in fondo in questo c’è anche un pizzico di liberazione sessuale anni ’60: il porno è mio, e non solo lo gestisco io (e infatti lo regalo, invece di venderlo), ma non ho paura di metterci il mio corpo, così com’è, e anche la mia faccia. Ammirevole.

Immagini tratte dal newsgroup: alt.binaries.pictures.erotica.exhibitionism

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *