Sul mio Facebook già da un po’ è partito il dibattito sulla Trap, e più in generale sulla nuova musica, anche italiana. E’ brutta, è spiacevolmente ignorante, ha dei valori sbagliati, i denti d’oro, vuoi mettere la Old School, e via dicendo. Curiosamente l’accanimento è intergenerazionale. Tra i miei contatti ho molti studenti e ex, e pure tra loro il verdetto è quasi unanime: la Trap è orrenda. Naturalmente ognuno ha il diritto di pensarla come crede: la musica è una questione di gusto personale. Devo dire però che il dibattito mi annoia un po’, per una semplice ragione: davvero “bello” e “brutto” sono le uniche categorie che abbiamo? Mi pare un po’ riduttivo, no? Certo, sono i gusti che determinano quello che gira nel nostro stereo. Però per capire certi fenomeni, specialmente quelli che ci irritano, la domanda più utile mi pare un’altra: questa musica svolge (o ha svolto) una funzione? Se si, quale?
Nell’800 si diffonde in Europa, un nuovo genere, il Valzer, ispirato dalla musica (e danza) popolare Mitteleuropea. Musica nuova, spesso allegra, con uno scoppiettante ritmo in 3/4. Ovviamente tutti conosciamo la hit, il Danubio Blu, scritta da Strauss nel 1866. Ci piace? Mah, non so voi, ma io l’unico Valzer che sopporto è quello Country Americano, e il resto è tutto un po’ Un Za Za, da Casadei a Strauss. Però che mi piaccia o meno è una questione che riguarda me e i miei vicini. Se invece uno si interroga sulla funzione del Valzer, scopre un fatto che mi sembra molto interessante perché lo mette in una luce nuova. Dice Wikipedia: “Il successo fu dovuto non solo al carattere fluente e orecchiabile della musica, ma anche al fatto che per la prima volta la coppia di ballerini danzava abbracciata.” Eh sì: dopo secoli di Quadriglie e altri balli di gruppo, rigidamente coreografati, il Valzer per la prima volta consente a due corpi di fluttuare liberi (o quasi) nello spazio, toccandosi. Infatti a Vienna naque un’associazione il cui scopo era di proibire questa danza lasciva, come successe anni dopo per il Rock’n’Roll. Quindi, che ci piaccia o meno, perfino Valzer ha avuto funzioni culturali importanti, tra cui dividere e contrapporre.
La musica di ispirazione Afro-Americana che si diffonde nel mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che poi diventerà il Rock’n’Roll, ha due caratteristiche salienti: il ritmo swing e lo stile vocale, fortemente espressivo e assai più libero di quello tradizionale europeo. In Italia, negli anni ’60, scoppia una guerra culturale tra i paladini della tradizione italica (come Claudio Villa) e i nuovi cantanti, dispregiativamente definiti Urlatori. E’ una battaglia mortale tra passato e futuro, tra conservazione e innovazione. Villa, quando si scagliava contro Mina o Morandi, sapeva che ne andava della sua sopravvivenza. Come sappiamo, per fortuna ha vinto il futuro. Mi piace Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte? Insomma, non tantissimo. Però capisco che all’epoca ha avuto una funzione importante, e forse perfino utile.
Lo stesso discorso si può applicare a molti generi musicali passati, presenti e futuri. Alcuni esempi: il Punk, il Metal, la Trance, l’Hip hop, il Gothic, l’Indie, la Techno, Celentano (negli anni ’60), Ghali e Sfera Ebbasta. Svolgono efficientemente la loro funzione? A me pare proprio di si: dividono le opinioni e le fasce di età, un elemento essenziale della Cultura Pop che conta; consentono a una generazione di differenziarsi dalle precedenti con qualcosa (musica, vestiario, capelli, tatuaggi, linguaggio, droghe, ecc.) che gli altri schifano (componente essenziale del mio essere punk, all’epoca). E talvolta portano un’estetica/etica “dal basso”, contrapposta a quella genericamente riconosciuta come appropriata dalla società, detonando il conflitto generazionale. Insomma: se un genere irrita, a volte c’è un motivo. Qualche volta il motivo è interessante, come potrebbe essere nel caso della Trap – visto anche l’accanimento col quale questa musica non piace.