Canapa: una soluzione?

Fallito l’ennesimo referendum radicale (che non mi piaceva affatto), rimane insoluto il problema della Cannabis in Italia, che è proibita e tale rimane. Una scelta responsabile per alcuni, dissennata per altri. La proibizione infatti ha costi molto alti: sociali, sanitari e anche economici. Costi che paghiamo come collettività, e gli utilizzatori anche personalmente. Ma quanti sono? Secondo l’ONU, circa il 14,6% dei cittadini italiani tra i 15 e i 65 anni: a spanne si tratta di nove milioni di persone. Già anche solo questo dato (che mi pare abbastanza verosimile) racconta una storia diversa dai “giovani emarginati che poi passano alle droghe pesanti” (il pensiero giovanardo): nove milioni di italiani sono quasi quanti gli elettori del PD. Gente che vive nell’illegalità, teme per i propri diritti civili (la perdita del passaporto, per esempio) mentre non gli pare di fare qualcosa di male (a differenza dei ladri) – e semmai il danno è proprio e non altrui. Come chi beve il Vino, lodato da tutti come bevanda benefica (se usata con giudizio), questi italiani sanno benissimo come utilizzare la Canapa con moderazione – o anche no, in situazioni che lo consentano. In fondo l’ubriachezza non è un reato, mentre quella al volante invece sì, grazie al cielo. Proprio questo parallelo col Vino, uno dei vanti dell’Italia, mi ha suggerito una prospettiva diversa, che vorrei raccontarvi. (Full disclosure: ho scritto questa proposta sul tema e ho chiesto di avere la possibilità di parlarne alla direzione di Rumore, che ringrazio. La trovate completa su sergiomessina.com/proposta, dove ci sono anche i link ai dati che riporto.)

Penso che l’Italia dovrebbe togliere la Cannabis dalla tabella di legge, e equipararla agli alcolici: proibita sotto i 18 anni, a chi svolge mansioni particolari, a chi guida. Si potrebbe anche regolarne il consumo nei luoghi pubblici, limitarne la pubblicità, indicare sulla confezione le possibili conseguenze negative, ecc. La coltivazione dovrebbe essere libera, il commercio regolamentato e tassato.

Questo cambierebbe tutto. Alcuni esempi: contribuirebbe alla nostra economia. Libererebbe risorse di Polizia per perseguire reati più gravi. Favorirebbe nuova occupazione giovanile. Alleggerirebbe le carceri. Consentirebbe un’ampia sperimentazione sugli usi medici, che sono molti. Permetterebbe studi accurati sugli effetti negativi, favorendo un consumo più consapevole proprio com’è stato col tabacco e gli alcolici. L’alcol può essere mortale, eppure sappiamo come usarlo senza danno. Perché non dovremmo saperlo fare anche con la Canapa, che di morti ne fa zero? Un tema pure urgente è la proibizione ai minori (secondo Telefono Azzurro Il 20,8% degli adolescenti l’ha provata). Oggi questa misura è difficile da esercitare anche per via della proibizione: se fossi un genitore ci rifletterei per bene.

Ma penso che dovremmo andare molto oltre: l’Italia (in un mondo sempre più anti-proibizionista) potrebbe diventare la patria della Cannabis d’eccellenza, che andrebbe valorizzata utilizzando il know-how nel quale il Belpaese è imbattibile: le varietà locali e climatiche, le specificità territoriali, la sapienza antica. Saremmo il paese ideale, altro che l’Olanda e la sua Canapa OGM fatta in serra: produzioni bio, coltivazioni naturali, selezione di nuove varietà e prodotti derivati (oli essenziali, cosmetici, ecc.), lavorazioni d’eccellenza, dop, doc, insomma la filiera di qualità per la quale siamo campioni nel mondo. Immaginatevi l’effetto che avrebbe sul turismo, in aggiunta a clima, cibo, paesaggio e arte italiani: faremmo il pieno tutto l’anno. E non di bonghisti in sacco a pelo: quei nove milioni sono persone di ogni tipo. Quanti saranno nel mondo?

In fondo è un semplice cambio di prospettiva (a costo zero) su una questione squisitamente politica. La parola droga non significa un bel niente: è “droga” quello che è nelle leggi. Oggi c’è la Cannabis, ieri il Caffè (proibito per anni e additato come nefasto), domani chissà.

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