Tra gli approcci ai comportamenti compulsivi c’è quello di trattarli come dipendenze. La questione è complessa; se da un lato ci sono molte similitudini tra compulsione e addiction, la mancanza di una piacevole sostanza esterna suggerisce una diversità: uno che si mangia le unghie, a differenza di un tossico, produce da sè ciò di cui abbisogna. C’è poi una categoria a parte, le cui motivazioni sono psicologiche ma anche simboliche e forse universali: lo shopping compulsivo, altrimenti detto Dipendenza da Carte di Credito.
Questo fenomeno, molto diffuso negli Stati Uniti, si sta recentemente diffondendo anche da noi. Il modello può essere molto semplice: si opta per il rimborso rateizzato del debito, e poi semplicemente si usa la carta come se fosse un reddito aggiuntivo, accumulando rate senza fine. Poi c’è il modello americano, fisarmoniche di carte da usare a seconda del debito: più spettacolare ma non meno tragico.
Il dato sinistro è che solo pochi la usano per comperare il pane o fare fronte alla crisi. La gran parte invece spende in merci simboliche, usando denaro di sogno per consumi di sogno: tropici, Rolex, automobili, ristoranti. Uscirne pare non sia semplice; negli Usa c’è una rete di aiuto che si rivolge a chi ha questo problema.
Da un lato c’è chi cerca di risolvere il problema psicologico: su Amazon si va da “Credit Card Debt: It Can Cost You Your Life” di Susan Powell a “Born to Spend: How to Overcome Compulsive Spending” di Gloria Arenson. Il sito addictionrecov.org ha una pagina sul compulsive shopping con una lista di sintomi (“fare acquisti quando si è arrabbiati, delusi o spaventati”) e un numero verde. Qualcun altro è più drastico: “Distruggere tutte le carte, tranne una per le emergenze.”
Ma l’attacco sull’altro fronte è ben più massiccio; uno degli spam più comuni è “Credit problems? No problem!”. Servizi per aiutare ad uscirne? Proprio il contrario: “Car loans and financing for people with bad credit, no credit, past bankruptcies, ect. from Car-Loans-Financing-Bad-Credit.com!”