Una delle esperienze più potenti di questi ultimi anni è certamente osservare la rivoluzione digitale, il suo costante rinnovarsi, e i poderosi effetti di questo cambiamento sulle nostre abitudini. Effetti che hanno molto in comune con quelli avvenuti per altre rivoluzioni tecnologiche (come il telefono o la tv), e alcune grandi differenze. Ultimamente, anche grazie a giornalisti intraprendenti e persone coraggiose, abbiamo anche scoperto alcuni degli aspetti nefasti di questa rivoluzione. Mi riferisco a Prism, al controllo delle comunicazioni, alla sostanziale scomparsa del concetto di privacy. Le rivelazioni di Edward Snowden hanno spaventato molte persone – tranne i complottisti, che hanno potuto dire: “L’avevamo detto” – e qualsiasi illusione di riservatezza nelle comunicazioni è andata a farsi benedire. Ci si può difendere, ma mai avendo la garanzia assoluta di riuscirci.
C’è però un altro versante che mi pare centrale, molto preoccupante e certamente altrettanto presente. Come oramai sappiamo quasi tutti, la popolazione sta passando agli smartphone, che sono come i cellulari ma con una opzione in più: internet. I vari piani tariffari offrono un traffico dati spesso sufficiente per consentirne un uso disinvolto e casuale, col risultato che oramai tutti circoliamo con una connessione addosso, spessissimo costantemente accesa. E per tutti intendo dire tutti, proprio tutti – inclusa la nonna, che finalmente può guardare i nipotini su Skype usando il tablet che ha preso coi punti del supermercato, o spedire email folli, martoriate dal correttore automatico. So di zie che mandano allegati, anziani che fanno shopping online e ne informano i parenti via Whatsapp. Questo naturalmente è meraviglioso: dimostra in modo inoppugnabile la ragione di esistere della tecnologia, che è di estendere i nostri sensi. Però pone anche qualche problema di privacy: è possibile che una app di shopping accesa in background, a cui si è autorizzato l’accesso alla posizione, invii dati sulle nostre abitudini? E se, per comodità, abbiamo abbinato la nostra carta di credito a quella applicazione (dovendoci fare acquisti), è possibile che questi dati vengano incrociati? Mi pare proprio di sì, e non riguarda soltanto lo shopping. Ci sono app come quella di Facebook che chiedono accesso a tutti i dati: contatti, posizione, foto, notifiche, ecc. Che ne facciano buon uso mi pare davvero una pia illusione.
Gli smartphone e i tablet hanno un altro aspetto rivoluzionario e problematico: sono a tutti gli effetti wearable computer, tecnologia a fior di pelle, a portata di mano. Col risultato che in tasca abbiamo un’estensione dei nostri sensi, perennemente connessa alla rete, la quale ci manda alcuni messaggi a nostra scelta: notifiche di Facebook o di Twitter, email urgenti o meno, quanti like abbiamo beccato su Tumblr o Youtube. Sorvolo sull’aspetto nevrotico della vicenda, per sottolinearne un altro che mi pare rivelatorio: è evidente che la vecchia distinzione tra essere offline e online sia scomparsa. Siamo tutti perennemente online, un’esperienza esilarante e poderosa che però pone alcuni grossi problemi etici, di privacy, ecc.
Personalmente ho molta più paura di Google o Facebook che di Prism. Perché la sorveglianza globale me l’aspettavo, era prevista e forse quasi inevitabile (essendo possibile). Mentre la questione dei miei dati personali, quelli proprio più intensamente miei, usati contro di me a scopi commerciali non solo mi indigna, ma mi terrorizza. Almeno io lo so, e posso immaginarne le conseguenze; mentre oramai esistono moltitudini di utenti completamente ignari (tra cui temo anche qualcuno di voi) che cliccano con ardore e incoscienza, piazzandosi proprio al centro del mirino di chi poi usa quei dati. Insomma sì, magari la CIA ci spia, può darsi. Quello che invece è sicuro è che qualcun altro lo fa, per un motivo ben più semplice: prendersi i nostri soldi.
Sergio, stammatina facebook mi ha consigliato una app che vende oggetti , alcuni li cercavo da tempo e li costavano pochissimo. Volevano i miei soldi e li hanno avuti, d’altra parte che ci devo fare con i soldi, mica li posso incollare al muro e guardarli! Con questo resta chiaro che si possono indurre tanti desideri inutili, ma la personalizzazione dele proposte non è sempre così male. Adesso il tuo post su Fb mi ha portato in questo articolo, direi interessante. Insomma bicchiere amaro, ma forse mezzo pieno.
Non ci saranno più i cartelloni pubblicitari?
Certo che ci saranno. Ma mentre il cartellone è come la bomba al supermercato, che becca chiunque, la pubblicità mirata è come un cecchino, che ti spara tra le sopracciglia.