Un argomento da sempre assai popolare su Internet sono i complotti. Dalle scie chimiche al Russiagate, dal vaccino assassino alla grande truffa della terra tonda: tutti sappiamo qual’è veramente la sua forma, no? Il linguaggio con cui si discutono questi temi è quello dei social media, sostanzialmente privo di posizioni intermedie: di qua, o di là, bianco o nero, pro o contro. Qualsiasi opinione che necessiti di più di pochi caratteri scompare nel gorgo dei mi piace, dei puntini di sospensione (come fa Facebook coi commenti un po’ più lunghi). La terra è piatta o meno, il clima è controllato con le scie oppure no, Paul McCartney è morto – ma dai.
Durante la mia adolescenza ho subito il fascino di diverse idee cospirazioniste. Idee che circolavano anche attraverso quella che una volta si chiamava Controcultura: libri, giornali e riviste che proponevano conclusioni diverse rispetto a quelle della stampa ufficiale, evidentemente asservita al “potere”. Spesso queste conclusioni erano costruite con metodi giornalistici non convenzionali, talvolta senza verifica delle informazioni da parte di chi scriveva – che spesso non era affatto un giornalista. Allora come oggi, alcune di queste teorie sembravano assurde, impensabili, troppo terribili per crederci, troppo belle per essere vere. Ma davvero se prendi tantissimo LSD ti si apre il terzo occhio e diventi un veggente, e la CIA non vuole farlo sapere per mantenere il controllo mentale sulla popolazione? Perché nessuno dice la verità sull’atterraggio degli UFO a Roswell? E Elvis, dove sta? Oggi sappiamo (o dovremmo sapere) che queste teorie, che già circolavano all’epoca, sono frutto della fantasia di qualcuno.
Purtroppo però c’è qualcosa che non torna. Nella mia memoria infatti ci sono una lunga lista di “cospirazioni” che poi invece si sono rivelate assolutamente tali, in certi casi ben aldilà della fantasia dei complottisti. Da ragazzo, alle manifestazioni (della sinistra, che frequentavo all’epoca), sentivo dire: “La strage di piazza Fontana è di Stato!” Allora il principale sospettato era un anarchico (poi scagionato), quindi si trattava di una teoria fantasiosa. Però poi s’è scoperto che era la verità. Leggevamo: “Gli americani hanno illecitamente impedito alla sinistra italiana di andare al potere.” Una notizia infondata, che oggi è una verità storica acclarata e incontrovertibile. “La CIA ci spia” era un altra nostra fissazione dell’epoca. Non credo di essermi mai preoccupato personalmente della CIA (tranne una volta, e mi è bastata), salvo poi scoprire che non solo mi spia la CIA, ma anche l’NSA, il GCHQ, Google, Facebook, Apple e il Supermercato all’angolo. Insomma, con tutti i loro limiti, Controinformazione e Controcultura in passato sono stati strumenti di conoscenza utili, a volte essenziali.
Oggi la Controinformazione e la Controcultura sono su Internet, o almeno dovrebbero esserci. Purtroppo invece sappiamo tutti che c’è un gorgo di fregnacce tipo Elvis, dentro un vortice di questioni magari anche serie, come il panico sui vaccini, però appiattite da quell’ignoranza tutta maiuscola – persi in un oceano di informazioni “alternative”, alcune delle quali sicuramente importantissime. Ma come riconoscere il decotto di Zia Berta che ti stura le nari in 24 ore dal pastrocchio new age che non cura una minchia e fa venire le bolle? Come posso distinguere un tema che davvero mi riguarda (come la storica, infame cospirazione per nascondere l’orribile realtà dell’aria di Taranto) dalla sciocchezza inventata da un cretino che si sente un guerriero per farsi bello sui social e ramazzare consenso?
Non ho una risposta semplice, ma mi viene il dubbio che il complotto dei 140 caratteri, la cospirazione delle prime tre righe, potrebbero essere in parte responsabili. Insieme a un equivoco di fondo: si dice che la comunicazione digitale moderna sia agile, spigliata e veloce. Mi pare bellissimo. Ma che lo sia anche l’informazione (Contro o meno) forse non è proprio un’idea saggia – o portatrice di buonsenso.