Copy? Right.

Plagio: già solo a dirlo suona male; quello di “copione” per i musicisti è diventato un marchio d’infamia, dal quale si difendono con decisione e veemenza. Questa accusa, gridata con furore allo stesso modo da gente comune e da professionisti del disagio altrui come Striscia (e molti altri), è assai in alto nella top ten della cattiveria, principalmente perché  provare l’accusa di plagio pare facilissimo a tutti: “Cazzo ma è uguale: non lo senti? Questa fa tarirarirà, e quest’altra “rirarirà tarirà”: identiche”.

Questa concezione fa riferimento ad uno stile musicale ben preciso (la musica classica e i suoi derivati) e solo ad una parte specifica della composizione: la melodia (essendo la musica – ogni musica – costituita di melodia, armonia, ritmo e timbro). Inoltre non basta un tararì per parlare di plagio, ma ce ne vogliono almeno otto misure, che non sono poche. D’altronde ci sarà una ragione per cui non si sente di una condanna per plagio da anni?

Ma la questione veramente interessante riguarda la musica moderna di derivazione blues e gospel (e cioè molta di quella che ascoltiamo noi, dal rock alla disco passando per la house), dove la melodia è molto meno rilevante ed entrano in gioco altri elementi. Nell’hip hop per esempio il beat (e cioè la composizione del ritmo) è essenziale, spesso personalissimo e quasi sempre “segno distintivo” (un altro parametro del plagio). Se rubo un beat a qualcuno sto commettendo un plagio; eppure posso farlo impunemente e legalmente. Lo stesso discorso vale per moltissimi degli elementi costitutivi e identificativi di queste musiche: riff di chitarra, suoni di tastiera, certe soluzioni stilistiche dei cantanti, la struttura dei brani,  le metriche del rap… Noi (tutti noi) lo sappiamo benissimo – e li becchiamo spesso: gli esempi sono infiniti, no?

Ma quasi mai qualcuno di noi grida al plagio; tuttalpiù si sorride – e se si è sinceri si suggerisce alla band di tornare in sala prove a sviluppare qualcosa di più personale.  Nessuno si scandalizza, e vorrei ben vedere: la musica (tutta la musica, ma in modo speciale la nostra) esiste solo perché chi la fà copia. L’efficacia di una canzone non sta MAI nella sua originalità totale; certo deve essere nuova, ma perché funzioni davvero deve contenere più elementi familiari che novità. Questo meccanismo, che è alla base della nascita degli stili musicali almeno da mille anni, è specialmente vero nella musica Pop, che esiste al solo scopo di piacere. Ecco perché qui l’accusa di plagio è frequentissima: nella top ten, l’alchimia tra nuovo e già sentito deve essere specialmente raffinata e il confine è spesso labile (soprattutto nei montaggi televisivi tendenziosi). Fateci caso: ai primi posti delle classifiche ci sono solo e sempre canzoni che sembrano già sentite.

Ma anche nelle musiche più interessanti (mettete qui il nome della vostra preferita) il meccanismo è simile; d’altronde è così che nascono i generi. Si potrebbe dire che tutti i batteristi di speed metal (o i cantanti punk, o i rappers) sono un po’ copioni; avrebbe senso? Non mi pare. E il discorso si estende anche ad elementi non musicali: come mai tutti gli skaters portano vestiario extralarge? Poca originalità? Macché: questione di stile (fondamentale – come diceva, indimenticabile, Speaker Dee’mo).

Come musicista sono fiero di dire che ho copiato un casino; a volte una soluzione (ritmica, di sviluppo della melodia, di suono della voce, etc.) o più spesso cercando la stessa atmosfera, lo stesso tiro, lo stesso effetto. Altre volte invece proprio riproducendo un beat pari pari – quando ero inesperto: una cosa apparentemente scorretta ma di cui nemmeno mi pento. Perché come ho già detto, tutti all’inizio copiano per imparare. Ma anche ora le orecchie ce l’ho, le uso molto e un sacco di musica mi resta nella testa; e dato che ascolto anche roba simile a quella che faccio è naturalissimo che ne assorba degli elementi che mi colpiscono, che mi sembrano belli, azzeccati, urgenti… Questi pezzi di stile, combinati al mio, produrranno un terzo oggetto – il mio pezzo – mai completamente originale ma (spero) sempre diverso, anche proprio perché nutrito da altra musica. Una cosa meravigliosa, come una coscienza collettiva: altro che plagio.