In Italia la pubblicità alle sigarette è vietata da sempre. In questo abbiamo anticipato tutti gli altri paesi. E’ una cosa buona? Io dico di si. Fumare comunque fa male, e se uno sceglie di farlo – come per esempio io – non dovrebbe essere influenzato dalle efficacissime tecniche persuasive della réclame. Oltretutto la nicotina è una sostanza psicoattiva (leggermente eccitante), e quindi a maggior ragione il suo consumo dovrebbe essere frutto di una libera scelta.
Ma si sa, alle grandi aziende non gliene fotte un cazzo delle leggi dei singoli stati. Per loro queste regole sono fatte per essere eluse; il nostro codice civile gli fa un baffo: loro aggirano il problema con qualche semplice stratagemma, (magari perfino legale, ma che fa sempre schifo) e via andare. Per esempio:
vi è mai capitato uscendo la sera, di incontrare avvenenti signorine che vi offrono sigarette (l’equivalente, però vero, delle caramelle drogate davanti alle scuole) mostrandone con insistenza la marca? Queste povere disoccupate stanno facendo una cosa al limite della legalità che dovrebbe essere perseguibile (ma magari non lo è).
Come mai al Gran Premio di Imola (che fino a prova contraria si trova in questo paese) vedo delle automobili con sopra scritto “Gauloises Blondes”? Non lo sanno che non si può? Perché nessuno dei nostri politici se ne accorge? E I giudici, la polizia?
Il colmo si raggiunge però coi neo-luoghi dell’immaginario tabagista. Per esempio Marlboro Country (e quel bifolco di Marlboro Man, che a guardarlo mi vergogno di essere umano anch’io). Perché negli spot ci sono solo pianure infinite e montagne imbiancate? Dove dice del tumore? Ma non nuocevano gravemente alla salute? Dove li hanno messi i bambini malformati di cui si parla sul pacchetto? Come dice? E’ un’agenzia di viaggi? Ma mi faccia il piacere….
Muratti Time Island: un sanatorio? Il posto dove la Muratti ospita le vittime del suo prodotto? Macché: è una vera isola, ai tropici, dove rigenerarsi in un ambiente sano e pulito, alla faccia di tutti quelli che stanno morendo di enfisema in qualche borgata del terzo mondo, dopo aver arricchito la Muratti. Anzi: per comodità potremmo dire che alla Muratti l’isola gliel’hanno comperata i fumatori sudamericani (o centro-europei, se preferite) affinché potesse poi usarla per catturare nuove vittime.
Camel Adventures: chiunque abbia mai cercato di fare delle analisi alla USL sa benissimo cosa vuol dire “adventures”. Che alle nostre adventures ci pensino le Camel non mi pare quindi una novità. Molte delle ragazzotte che vanno offrendo sigarette spacciano proprio queste. Inoltre per circa due anni proprio le Camel sono state proposte in “speciali confezioni da collezione”, una trovata di gusto atroce e di legalità incerta (come interpretare l’adozione di chiassosi pacchetti colorati se non come iniziativa promozionale?). E non basta: giornali gratuiti, sponsorizzazioni tv e sportive, linee di abbigliamento coi colori del pacchetto e via dicendo, in un turbinio di puttanate ideate al puro e semplice scopo di vendere più sigarette di una certa marca.
Se vogliamo decidere che la pubblicità alle sigarette deve diventare legale mi va anche bene; discutiamone e poi decidiamo. Ma farmi pigliare per i fondelli da alcune tra le più disgustose multinazionali del pianeta che, in plateale spregio delle norme che regolano la vita del mio paese, fanno esattamente come cazzo gli pare, non mi va giù proprio per niente.
PS: Epocale: finalmente ho incontrato per caso Red Ronnie. Ci presentano: “Alla fine ci incontriamo, Ronnie”, gli faccio io, che essendo uno di strada mi ero preparato al duello. “Messina chi?”, dice invece lui. “RadioGladio”. “Ah, quello che ha scritto Ansaloni,” fa Red, e poi ride: “ha ha ha… ma ce l’hai con me?”; allora rido anch’io: “ha ha ha… si”. A quel punto si è vaporizzato nel nulla. Ha delle gambe piuttosto curiose, Ronnie; un po’ da film western.