Del danno

L’allarme è scoppiato, con buoni 10 anni di ritardo, nello scorso aprile; ecco la notizia nella versione dell’Ansa:

“E’ quattro volte più forte della comune ‘erba’ e sta facendosi breccia anche sul mercato italiano: la marijuana Skunk, nata negli anni ’80 ibridando varieta’ già esistenti, sale agli onori della cronaca nazionale dopo un sequestro di 15 chilogrammi al traforo del Monte Bianco. E’ un micidiale incrocio tra la Cannabis sativa (75%) e la Cannabis indica (25%). Il suo Thc, ovvero il principio attivo, arriva fino al 16% contro il 3-5% della marijuana ‘comune’. Secondo i carabinieri un grammo di Skunk può costare fino a 60 euro contro i 10 euro di quella normale.”

Ovviamente è partita la solita litania di scempiaggini giornalistiche (e politiche): la “Supermarijuana”, l'”erba che da assuefazione” e via dicendo. Non c’è niente di peggio di sentire degli incompetenti pontificare su cose che non conoscono, specie su un argomento che invece meriterebbe una riflessione seria e documentata. Per una volta infatti concordo al 99% con le opinioni espresse dall’establishment e dai media, non nel linguaggio ma nella sostanza, e credo che il problema sia molto serio.

La Skunk si ottiene attraverso gli incroci, la selezione genetica e molto probabilmente anche l’esposizione dei semi alle radiazioni. Niente di eccezionale: praticamente ogni pianta con la quale l’uomo entra quotidianamente in contatto ha subito lo stesso trattamento, dai pomodori al mais. In questo modo, negli anni, si sono ottenuti ibridi con caratteristiche utili, anche però a danno della varietà e della ricchezza del patrimonio genetico vegetale. Attenzione: non sto parlando degli OGM, una tecnica disponibile solo da pochissimi anni, bensì di selezioni e ibridazioni praticate da millenni (non le radiazioni ovviamente) per due ragioni: esaltare le caratteristiche salienti del prodotto, e aumentarne raccolto e durata.

Esattamente per questi due motivi è stata creata la Skunk. Solo che sfortunatamente tra le qualità salienti della Marijuana c’è la potenza dello sballo, appunto la percentuale di THC. Il paragone con gli alcolici è perfetto: la “comune erba” sta alla Skunk come la birra sta alla grappa; stesso principio attivo, diverso tasso. Però chiunque di noi italiani, cresciuti in un paese molto tollerante verso gli alcolici, conosce la differenza tra birra e grappa, e sa perfettamente quando e come farne uso. Nessuno ordinerebbe un bel boccale di grappa (salvo in certi bar che però non vorrei frequentare). Al mare si beve birra, non Vov (salvo su certe spiagge che però…). Non serve essere tossicologi per sapere queste cose: in Italia esiste una cultura dell’alcol molto evoluta, che è assai utile (alla gran parte della popolazione) per regolarsi bene. Abbiamo tutti anche visto persone provenienti da paesi privi di questa cultura fare un uso bestiale dell’alcol, con effetti speso devastanti. Ecco, i nostri ragazzi oggi sono esattamente in questa situazione: a centinaia finiscono al pronto soccorso in preda a psicosi, si spetesciano con la macchina, vanno fuori come dei terrazzi in preda a una marijuana assurda, creata (grazie al proibizionismo, mi pare) per stonare a bestia e rendere fino a sei volte di più a parità di peso trasportato illegalmente. Infatti in Olanda, dove pure l’hanno inventata, insieme alla Skunk vendono anche erbe più soft – e in certi casi perfino Bio (mentre sulla Skunk chissà che ci spruzzano).

Poi ovviamente si può decidere che il mondo dev’essere senza droga, una posizione difficile da sostenere ma legittima. Dato però che invece i consumi aumentano, sarebbe bello se si potessero spiegare differenze, illustrare effetti collaterali, suggerire posologie, introdurre insomma degli elementi di cultura dell’uso nell’informazione, non solo per ripetere che la droga fa male, ma anche per spiegare quando fa più male e come, se possibile, farsi meno male. Non è una mia idea; si chiama “riduzione del danno”, un’espressione che, se fossi un genitore del 2008, mi sembrerebbe musica.

3 thoughts on “Del danno

  1. Quanto hai ragione, Sergio, circa l’informazione…

    Premesso che non mi sballo con nessuna droga (semplicemente, non mi interessa: sono assuefatto di musica, quella sì), sebbene in passato qualche canna me la sia concessa, sono del parere che il miglior modo per, diciamo, sconfiggere una paura sia quella di affrontarla.
    In questo caso, ci vuole informazione.
    Perchè noto che c’è sempre una forte corrente di “contro-informazione” (che, in questo caso, è lo spacccio di sostanze stupefacenti).
    Inutile dire, poi, quanto possiamo essere arretrati su questa materia (e molte altre): come diceva Chazz Palminteri in “Bronx”? “La gente se ne frega…”.

  2. bisognerebbe cominciare a parlare di queste cose già ai bambini in età pre-scolare, un po’ come si fa quando gli si spiega che il vino non è roba per loro, così che il tema non diventi un tabù da scoprire e sfatare in età adolescenziale, ma possa essere metabolizzato ed elaborato fin da piccoli, per avere un approccio più consapevole e maturo alla materia.
    la stessa cosa bisognerebbe fare col sesso.
    e lo dico in qualità di genitore, che sta provando, a tirare su dei figli decenti e consapevoli di se stessi e del mondo che li circonda.
    purtroppo, mi tocca constatare che è dura, molto dura, visto che tutti intorno remano contro e puntano ad avere dei giovani cerebrolesi ed anestetizzati, pronti a morire in discoteca per una pasticca che chissà che c’era dentro.
    vabbé…

  3. Hai ragione a dire che manca un informazione libera su questi temi che sono appannaggio di legislazione in legislazione dei vari cattobigotti di turno.

    Comunque caro Sergio la droga più pericolosa in italia rimane la Chiesa Cattolica Romana, i suoi effetti possono essere mortali, alla fine aveva ragione il compagno Mao. Se la religione non è illuminata (per esempio i Valdesi)è un vero cianuro per il popolo.

    Grazie per il tuo lavoro e per i tuoi avvisi di chiamata sempre formidabili.

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