Dj Mozart

Oggi il mio medico, appreso che mi occupo di musica elettronica, mi ha fatto una domanda piuttosto comune: “Ma è vero che oggi tutta la musica viene fatta coi computer?” Il suo sguardo era un po’ immalinconito: è un amante della musica sinfonica, e l’idea dei computer gli sembrava un po’ fredda. E ha perfettamente ragione, da un certo punto di vista: Mahler suonato col computer è, nel migliore dei casi, un po’ freddino. Nel peggiore è proprio inascoltabile: quella musica è stata scritta avendo in mente un’orchestra sinfonica al gran completo. Ecco un’espressione fondamentale di questa vicenda: avere in mente. La composizione classica, come molti sanno, accade innanzitutto nella mente e poi sulla carta. Solo in un secondo momento queste informazioni cartacee saranno effettivamente convertite in suono, e spesso anche in un secondo luogo: composizione e esecuzione sono due attività completamente disgiunte. A memoria, mi pare che soltanto il teatro abbia lo stesso grado di mediazione tra autore e spettatori.

Un po’ come se Calvino avesse lasciato istruzioni dettagliatissime su come narrare Il Barone rampante, ma poi la narrazione (orale, e magari registrata) avvenisse altrove, in un contesto completamente fuori dal suo controllo, con un regista (il direttore d’orchestra) e interpreti (i musicisti) con cui l’autore non ha alcun contatto, se non le sue istruzioni. Per fortuna invece la letteratura è un genere immediato, e quello che ha scritto Calvino posso leggerlo direttamente, instaurando con lui una relazione assai diretta. Idem col cinema, con la pittura e – a pensarci bene – anche con tantissima musica. Solo non classica. Masters of war di Bob Dylan è puro, diretto Dylan. Idem Voodoo Chile di Jimi Hendrix: è Hendrix al 100%. Cioè, è Hendrix, Mitchell e Redding (o Cox e Miles), più il fonico che registra, quello che mixa, il mastering… La musica Pop, pur essendo assai più diretta di quella sinfonica, è sempre stata frutto di mediazioni, a volte assai salutari: se i dischi fossero fatti dagli artisti e basta, non esisterebbero produttori star. Che invece ci sono, e spesso servono moltissimo, specie nella confezione di un buon prodotto Pop, come per esempio l’ultimo album dei Coldplay, dove Brian Eno c’è, e si sente.

C’è però un modo di fare i dischi più moderno di quello dei Coldplay, tutto sommato ancora tradizionalmente rock. E’ quello della musica elettronica, anche graziosamente chiamata Bedroom music. Si fa in casa, preferibilmente con un PC e poco altro. In questo contesto, la padronanza delle soluzioni compositive si traduce in conoscenza delle possibilità tecniche offerte dalle macchine (un po’ come sapere cosa può effettivamente fare un violino, che è una parte importantissima dello studio della composizione classica), e di sapienza nell’economia del suono. Questa musica infatti viene mixata mentre si compone, e la scelta dei timbri e degli effetti è parte integrante del processo di scrittura. Il risultato è un ambiente sonoro dove l’interpretazione, la pasta e la successione dei timbri è controllata a un livello che non ha precedenti nella storia – da una singola persona. Il quale, in questo modo, entra in contatto direttissimo coi propri ascoltatori, come Beethoven non avrebbe mai potuto fare (ma sono sicuro che avrebbe voluto). Questo è il vero passaggio epocale che ci porta l’elettronica: la musica diventa come la letteratura, un genere dove l’autore è anche l’unico esecutore di un oggetto sonoro che dalla sua stanza va dritto nelle orecchie del pubblico.

E’ un fatto che porta con se una conseguenza che mi pare quasi inevitabile: il prossimo Mahler credo che dovremo cercarcelo tra questi musicisti, e non in uscita da un conservatorio. Perché lui non si accontenterà di un controllo parziale su come suona la sua musica. Lui, potendo, vorrà calibrare tutto per farlo suonare esattamente come ce l’ha in mente lui. E oggi finalmente può.

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