Do you speak Sony?

Nell’epoca del plug and play la compatibilità è una questione strategica, non tecnologica. Breve viaggio tra le tecnologie che non si parlano ancora, e forse non si parleranno mai: d’altronde non c’è peggior sordo…

Solo fino a qualche anno fa la compatibilità tra tecnologie era una scommessa, e l’incubo della “nuova periferica rilevata” ma ingestibile era sempre dietro l’angolo. Gli scanner e le videocamere erano oggetti da iniziati, gli stessi quindi a cui rivolgersi per risolvere i problemi. Con l’esplosione della tecnologia personale però si è diffusa l’esigenza di comunicazione immediata tra device: da funzioni essenziali, come salvare i numeri memorizzati nella SIM del telefono sul PC, fino agli stupefacenti accessori per i giochi (una volta c’erano joystick e volanti: ormai esistono autentiche plance di comando per astronavi che costano migliaia di euro) tutto deve essere compatibile, e possibilmente plug and play. Uno s’immagina che sia anche una regola commerciale: più sei compatibile più clienti potenziali hai.

La questione della compatibilità è invece sempre controversa, per svariate ragioni. Innanzitutto quella delle strategie commerciali; un buon esempio è l’iTunes Music Store, il negozio di musica online della Apple, che vende canzoni in formato AAC, compatibile soltanto con iTunes (il player gratuito) e con l’iPod (il popolare player sempre di Apple). Se vuoi entrare in quel magico mondo insomma devi bruciarti i ponti alle spalle, e sapere che la musica comperata dalla Apple suonerà solo con prodotti Apple. Interessante notare che l’iPod invece suona anche gli mp3: altrimenti ne avrebbero venduti 5 e non 5 milioni. Allo stesso modo il nuovo mp3 player della Sony (inspiegabilmente denominato network walkman) suona, oltre agli mp3, i file ATRAC3, standard proprietario che l’azienda giapponese sta cercando di diffondere. Ma, incredibilmente, non è compatibile coi computer Apple. Le ragioni sono le solite: i PC della Sony vanno con Windows, e così i suoi mp3 player; iTunes non suona i file ATRAC3 e il walkman Sony non va coi Mac. Altrimenti sarebbe inspiegabile, nel 2005.

Ma la vera sfida della compatibilità riguarda cose ben più complesse dei gadget. Per esempio la posta elettronica; salvo restare prigionieri dello stesso programma a vita, la migrazione (che già il termine suggerisce un’epopea) è sempre un azzardo. Naturalmente i programmi di posta cercano di facilitare il processo di immigrazione, offrendo convertitori e altre facilitazioni. Col risultato che migrare da e per Outlook Express (il famigerato programma di posta gratuito di Microsoft) è semplicissimo, ma se si è scelto un altro software, come l’eccellente Thunderbird (che è free, oltre che gratis) o il sempiterno Eudora (che è splendidamente uguale da almeno dieci anni) la migrazione diventa quasi letterale: pentole e divani sul tetto della macchina, sperando di non perdersi qualcosa per strada. Peggio che mai poi se si cambia sistema operativo: diventa migrazione clandestina e si rischia di perdere tutto.

Le grandi aziende, per difendersi da quesi problemi, hanno adottato una strategia certamente efficace – benché leggermente old school: stampare. Ogni email inviata alla Rai, per esempio, viene stampata, forata, inserita in un raccoglitore e archiviata in un armadio (suppongo con un numero di riferimento). La versione digitale a quel punto diventa irrilevante, e fa fede l’oggetto fisico. Che nell’idea del burocrate (non priva di una sua logica) è compatibile con chiunque sappia leggere, da qui al’eternità. Le vecchie abitudini insomma sono dure a morire; ma coi tempi che corrono (e il comportamento spietato delle grandi aziende) sembrano tuttora sensate e utili.