Ecologia

Ecco un argomento importante, venuto alla ribalta alla fine degli anni ’70 e poi giustamente rimasto nella top ten delle questioni calde: l’effetto serra, il cambiamento del clima, la qualità delle acque, l’ingegneria genetica, l’estinzione delle specie animali e via discorrendo. Questioni immense, sulle quali si gioca il destino del pianeta, che sono diventate elementi del pensiero contemporaneo. Si va dalla generica preoccupazione per l’ambiente fino alla santa (e sacrosanta) crociata contro la fabbrica che puzza e uccide (che negli anni ’70 veniva tollerata perché rappresentava il progresso – e produceva reddito); tutti i partiti dichiarano indifferentemente di voler salvare l’ambiente, e ci sono gruppi che chiedono il voto solo per questo. Sono nate delle teorie per spiegare quanto sia importante l’equilibrio ecologico e quanto sia dannoso l’intervento indiscriminato dell’uomo (la più affascinante, benché non nuovissima, è quella di Gaia, dove si descrive la terra come un unico immenso organismo vivente il cui benessere, come quello di tutti i viventi inclusi noi, sarebbe frutto della salute delle varie parti; l’intervento squilibrato dell’uomo sarebbe “la malattia”. Quest’idea del benessere come equilibrio di forze trova riscontro in tutte le medicine tradizionali esistenti al mondo, ad eccezione della nostra: un fatto che mi da sempre da pensare).

Ecco dunque l’ecologia irrompere sulla scena del pensiero contemporaneo, e tutti si attrezzano per fare fronte a questa emergenza. Ci si dà delle nuove regole per ridurre l’impatto ambientale della nostra esistenza, come il limite delle ore di riscaldamento giornaliere o l’introduzione di nuove marmitte; ci siamo perfino imposti nuove abitudini, dal riutilizzo dei sacchetti di plastica alle domeniche senz’auto. Insomma la gente sembra aver davvero capito (in misure naturalmente molto diverse) che questa è una vera e propria emergenza e cerca, come può, di attrezzarsi alla bisogna (aiutata dai massmedia che hanno capito subito che l’ambiente tira): è un passaggio fondamentale ma, come spesso succede, ci troviamo di fronte a delle contraddizioni che affrontiamo in modo a volte curioso.

Tutti vogliono comperare cibo naturale, prodotti sani ed ecologici, ma nessuno vuole andare a comprarli a piedi: così trovo enormi macchine diesel lasciate accese a puzzare in seconda fila, mentre il proprietario si compera germogli di soia biologici. Quando costui si lava le mutande, usa un detersivo ecologico, ma poi la dose consigliata gli pare pochina e la raddoppia, raddoppiando così l’impatto ambientale dell’operazione. Il suo deodorante non deve contenere cfc, deve essere biodegradabile e a base di ingredienti naturali; il suo vecchio frigorifero viceversa lo butta via di notte in un campo abbandonato, che tanto poi qualcuno ci pensa. Vuole andare a visitare luoghi incontaminati, dove è ancora possibile un rapporto autentico con l’ambiente; però vuole andarci in auto, in fuoristrada o in motoscafo, e una volta arrivato sul posto pretende l’aria condizionata, spruzza il suo insetticida e stacca a martellate pezzi di corallo per portarseli a casa. I suoi abiti debbono essere di fibre naturali ed ecologiche; se ne fotte se poi vengono prodotti in condizioni di monopolio da gente sfruttata a cui diamo in cambio la nostra vecchia e puzzolente tecnologia come se abitasse su un altro pianeta (in gran parte del terzo mondo si producono ancora motori a due tempi, ecologicamente micidiali).

Le grandi aziende dell’eco-business stampano pregevoli brochures, rigorosamente su carta riciclata, sbiancata senza cloro e stampata con inchiostri vegetali, nelle quali reclamizzano le loro inutili puttanate: l’incenso ecologico, la terracotta ecologica, il rossetto e i batuffolini per struccarsi ecologici, l’appretto per lo stiro ecologico… Mi pare innanzitutto carta sprecata, usata per affermare una filosofia fallimentare: “Dobbiamo ridurre il nostro impatto ambientale, ma possiamo farlo senza cambiare nessuna delle nostre sudice abitudini, continuando a comportarci in modo irrazionale e stupido ma con la certezza di essere nel giusto: non vedi? E’ scritto qui, sulla scatola”.

Per mia fortuna non sono un Panda.

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