Vuoi farmi contento? Mettimi su un treno. Fin da quando ero bambino la ferrovia ha rappresentato per me il principe dei modi per spostarsi. Lo preferisco alla macchina, all’aereo, al somaro, a tutto. Il treno è un luogo accogliente, tranquillo dove puoi leggere, scrivere, chiacchierare, mangiare, fumare e se sei abbastanza furbo perfino viaggiare gratis. E non voglio il lusso: mi piacciono moltissimo quelle seconde classi che si trovano nei tragitti locali (sedili di legno, scompartimenti da otto, etc.), le ferrovie a scartamento ridotto (come l’ineguagliabile Circumetnèa – diesel – che fa il giro dell’Etna ed il cui percorso e’ cambiato mille volte per via della lava) e forse perfino il trenino di Disneyland.
Vado ovunque col treno. L’idea di 20 ore di aereo (Roma/Sydney) mi disgusta, ma le 20 ore di ferrovia per Amsterdam sono un piacere. Ho attraversato la valle dell’Indo in treno (da Jammu a Varanasi), in seconda classe, e sono state 38 ore davvero indimenticabili. Il mio prossimo viaggio spero sarà di nuovo in treno ( e dovrebbe essere Milano, Venezia, Mosca, Novosibirsk, Urumqi, Islamabad, Delhi: previsione 15/20 giorni). La vera figata di questo viaggio? Il motivo per cui vale la pena di essere compiuto? Le ferrovie in questione non saranno, se non brevemente e all’inizio, quelle Italiane dello Stato Spa.
Che mi fanno cacare più del guttalax, e peggiorano ad ogni occasione. Con l’alta velocità, con la trasformazione in società, con la privatizzazione: come le tocchi si deteriorano.
C’erano una volta gli espressi, treni amici e paciocconi che arrivavano un po’ prima e costavano un pochino di più. Si contrapponevano ai diretti, che andavano pianissimo e facevano tutte le fermate. Poi, negli anni ’80, sono arrivati gli intercity: più veloci, più costosi ma tutto sommato ancora accettabili. Se volevi risparmiare potevi sempre prendere un espresso, che faceva un po’ più di fermate e andava un po’ più lento. E’ quindi arrivata la fase Pendolino: ultraveloci, superparaculi (salvo poi schiantarsi come trenini elettrici) e costosissimi, i pendolini hanno introdotto nelle ferrovie una nuova figura professionale, la hostess di bordo, e abolito una fondamentale caratteristica dei treni: lo scompartimento. Ma è stata una fase breve, preludio al periodo più nero e inaccettabile della storia del trasporto su rotaia in Italia: l’era Eurostar.
L’avvento dell’era Eurostar segna la fine delle ferrovie come le conosciamo. Aboliti gli espressi (che ormai dovrebbero andare all’indietro), ridotti gli intercity a ridicoli carri bestiame (ho preso un intercity Milano/Roma: ci siamo fermati, tra l’altro, a Chiusi scalo e Terontola. Era evidentemente ora che due metropoli italiane così urbane e popolose fossero collegate tra loro da un “intercity”), l’era Eurostar porta al parossismo l’idea che chi viaggia in treno sia uno sfigato che vorrebbe andare in aereo ma non se lo può permettere. Check in, hostess, cuffia per ascoltare musica offerta in omaggio ai viaggiatori di prima classe, speciali “piattaforme eurostar” in tutte le stazioni e via andare. Niente più treni presi al volo, non si viaggia più in piedi, la prenotazione è obbligatoria e il supplemento salatissimo. E non è l’unica cosa salata sull’eurostar. Ne ho preso uno qualche tempo fa e alla partenza, un rappresentante della “Chef express” (in italiano Ceffo Espresso), che ha l’esclusiva sulla vendita di bevande, mi ha porto un gentile omaggio: un pacchetto di noccioline salate.
E allora mi stai pigliando per il culo.
Ma come, tu che vendi da bere chiami “gentile omaggio” quattro noccioline del cazzo che mi obbligheranno a diventare tuo cliente?
Questo svela tutto. Dei viaggiatori, alle FS e ai suoi complici Ceffo Espresso, non gliene potrebbe fregare di meno. Vogliono fare profitti: coi biglietti, le prenotazioni obbligatorie, le obliterazioni, i supplementi Eurostar, le noccioline, i biglietti di ingresso alle stazioni (come se fossero dei musei) e qualsiasi altra puttanata gli venga in mente. Farsi dei soldi, ma non soldi qualsiasi: i tuoi sudati soldi, e i miei. Poi dice che uno bestemmia (scusa Ferretti).