God bless the Groupie

Spesso si parla di sesso e musica; sullo scorso numero, Rumore ha pubblicato un mio articolone sull’argomento. Un altro aspetto della stessa faccenda sono le/i Groupie, di cui si parla, si favoleggia e sogna moltissimo. D’altronde il sesso è spesso tra i principali motivi per cui si inizia a suonare. Per me è stato così: uno degli effetti primari di migliorare come chitarrista, verso i 14 anni, è stato di moltiplicare le occasioni di contatto con l’altro sesso.

Spesso, quando si parla di Groupie se ne parla al passato, come se fossero un ricordo dei bei tempi andati, o semmai di Groupie d’oltreoceano, o britanniche. In tanti anni che leggo giornali di musica non mi è mai capitato di leggere un’intervista (o meglio ancora, di veder affidata una rubrica) a una Groupie nostrana. L’analisi del fenomeno resta sensazionalistica, legata all’invidia e al mito: i camerini dei Mötley, la fila da Vasco, ecc. Avendo trascorso un bel pezzo della mia vita davanti a dei palchi, e un pezzetto anche sopra (e dietro), vorrei raccontare quello che so.

Innanzitutto che le Groupie non sono delle maniache invasate, non la danno a chiunque e – nella maggioranza dei casi – sanno benissimo cosa vogliono. Cosa vogliono? Personalmente ne ho conosciute (in generale, solo poche biblicamente) di diversi generi. Ci sono quelle a cui basta il palco e la faccia sconosciuta. Di solito vivono in piccoli centri, e già il fatto che non si ricordino di te da bambino fa molto. Sei diverso, profumi di rock e domani non sarai un problema: sarai altrove. Spesso si tratta di persone molto intelligenti e articolate che non sopportano più la vita che fanno, il posto in cui vivono, e non è raro il caso di star che poi le sposano; potrei citarvi, nomi e cognomi, svariati casi di coppie formate così – attualmente assai felici. Maschi e femmine, omo o etero non fa differenza.

Poi ci sono le collezioniste, quelle che mettono una tacca per ognuno: il cantante di questi, il batterista di quelli, il roadie di quegli altri. Questa è la Groupie classica, quella della mitologia rock, che fa i pompini sul furgone e si passa prima tutta la band e poi tutta la crew. Qualcuna ne ho incontrata (poche, in effetti), ma devo dire mai così sfacciata. Anzi, quasi sempre discretissime, simpatiche e signorili (perfino in situazioni davvero al limite): di solito sono i musicisti che poi, raccontandosi le rispettive imprese, scoprono effettivamente cosa è successo. Devo confessare che le mie pochissime esperienze di questo genere sono ricordi molto piacevoli e teneri: le hai fatte stare bene, ti fanno stare bene. Poi ovviamente ci sono le eccezioni, signorine che si comportano esattamente come lo stereotipo maschile della groupie. Confesso che temo un po’ queste persone: la conversazione non è mai un granché, e la simpatia è spesso fuori dallo scenario.

Infine ci sono le/gli Starfucker, di ogni genere, tipo e orientamento sessuale: una categoria a parte. Non essendo una star non ho esperienze di prima mano su questa categoria. Però ho avuto la ventura di conoscere qualche Starfucker, di essere stato perfino brevemente tentato di diventarlo io stesso, nonché la sventura di essere stato, molti anni fa, insieme a una vispa signorina che aveva questa abitudine – che purtroppo durante il nostro fidanzamento ha interrotto solo parzialmente. Qui il discorso è assai diverso; se cerchi di scoparti Iggy Pop, Elton John, Franco Califano o Peaches non si tratta di tacche ma di qualcosa di assai più comprensibile: accesso. A un mondo desiderato e desiderabile, a qualcuno e qualcosa di molto diverso, e distantissimo da sé e dalla propria realtà. E’ un’esperienza esotica in molti sensi, a volte profonda e intensa. Un blast mentale e culturale lontano anni luce dal van dei Pantera.

Buone notizie quindi: le Groupie, di molti tipi, sono ancora tra noi. E non sono affatto come le dipinge l’immaginario maschile: per fortuna sembrano, in maggioranza, decisamente meglio.

3 thoughts on “God bless the Groupie

  1. Poi ci sono le aiuta-artisti, quelle che vivono per la musica o l’arte e danno tutte se stesse al protagonista della loro passione. Magari Dio non le benedice, ma..

  2. Bell’articolo. Ho letto anche quello segnalato in principio.
    Che dire? Le groupie ci sono ancora, e ne esistono di diversi tipi.
    Nemmeno io so se ci sia un Dio che le benedica… ma di certo dei musicisti disposti a proteggerle (nel caso lo meritassero) ce ne sono.

  3. se potessi io stessa farei la groupie.
    loro amano davvero tanto quella musica, o quella canzone, o quel determinato cantante, tanto da credere di essre innamorate di lui.
    nn sono prostitute perchè nn si fanno pagare, a loro modo sono srtisti anche loro

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