Nel 2005, a differenza che nel ’65, esistono due modi per fare la musica: si può fondare una band (o trovarne una già fatta) oppure si può fare da soli, con le tecnologie. Questo nuovo genere solitario, dopo qualche annetto di rodaggio, si è ormai affermato come autonomo: il PC, i loop, le sequenze, i beat, ecc. A fianco di queste soluzioni, all’inizio solo per tastieristi, ne sono nate di nuove, sempre derivate dalla tecnologia digitale ma adatte agli altri strumenti. Forse la più interessante di queste è il Looper, il Loop delay, il Phrase recorder… I nomi sono molti ma il concetto è sempre lo stesso: io suono o canto una frase, lui la registra, la ripete ad anello e io posso suonarci sopra, anche aggiungendo strati su strati. I principali clienti di questa tecnologia (nata nella seconda metà degli anni ’60 ma arrivata al grande pubblico solo vent’anni dopo) sono stati chitarristi e cantanti, anche se forse chi ha popolarizzato maggiormente questo trucco tra i musicisti è stato Jaco Pastorius, bassista degli Weather Report dal ’76 in poi. Nasce così la Pugnetta Music, musica fatta da sé, di solito per sé. Ma non voglio dare una connotazione negativa a questo termine, anzi; mi pare come come la masturbazione: è bella, può dare grandissima gioia ma non si sostituisce al sesso d’insieme. Ne è semmai il naturale complemento.
Il King di tutti i Looper è certamente l’Oberheim Echoplex EDP, recentemente riproposto con marchio Gibson. Una macchina complessa ma davvero stupefacente, in grado di fare loop di otto minuti e consentire molte sovrapposizioni mantenendo una qualità cristallina: nel 1994, anno di uscita, era un miracolo. La cosa davvero interessante è che l’EDP è stato utilizzato per i generi più svariati, dalla disco alla sperimentazione radicale, caso raro nel panorama delle tecnologie audio. Una delle ragioni è sicuramente la peculiarità di questo tool, a metà tra un effetto e uno strumento. I Looper oggi in commercio sono moltissimi, per tutte le tasche. Inoltre, volendo provare, basta avere un PC, una scheda audio e qualsiasi software per trattare i suoni. Il bello di questi apparecchi però è che sono già compatti, hanno dei comandi comodissimi (quasi sempre a pedale), li attacchi allo stereo (o all’ampli) e vai.
Ho testato il Boss RC-20XL, sottotitolato Loop Station (€ 289). Che funziona proprio bene, e suona come dovrebbe: l’ho provato con una Telecaster dritta nell’effetto proprio per capire la qualità della riproduzione e il risultato è ricco e pulito; anche col microfono funziona bene. I due pedali (Rec/Play/Overdub e Stop/Cancel) lo rendono una Pugnetta Machine perfetta, in grado di assicurare ricchi pomeriggi di soliloquio elettroacustico. Inoltre un click e un quantize (che taglia il loop a tempo anche se suonate storto, creando effetti inaspettati), allargano ancora la paletta delle possibilità. Dati i 16 minuti di campionamento (distribuiti su tracce illimitate), l’ RC-20 è uno strumento duttilissimo, adatto sia ai novelli Philip Glass o Meredith Monk che ai chitarristi da competizione (che speriamo siano sempre meno). Può memorizzare fino a 11 loop diversi, richiamabili a pedale (per amanti della pugnetta con variazione) e, grazie ai tre diversi ingressi, è possibile registrarci qualsiasi cosa, incluso audio da CD. Quindi può davvero diventare un ministudiolo estremo con cui trasformarsi in Terry Riley, nei Neri per Caso o, se preferite (e gliela fate), perfino nelle sorelle Labèque.