Il magico mondo Clear Channel

(Testata: Rumore)

Cos’hanno in comune Britney Spears, Nick Cave e Jovanotti? Due gambe? Il fatto che cantano? La fama? Non solo: tutti e tre per i loro concerti si affidano alla Clear Channel, la più grande multinazionale della musica dal vivo del pianeta, e molto altro – come vedremo. E se per Britney non sorprende (il pop, si sa, è privo di olfatto) forse trovare nella lista i signori Cave (la cui data milanese del 21 febbraio è targata Clear Channel) e Cherubini (il cui nome compare sulla prima pagina del sito italiano) invece un po’ si: ambedue hanno fatto chiaramente capire (e nel caso di Lorenzo ci hanno ripetuto ad oltranza) di voler distinguere, di privilegiare il piccolo, il fair trade, che il mio nome è mai più, eccetera. Purtroppo di Clear Channel tutto si può dire tranne che sia una organizzazione equa e solidale. Vediamo di capire cos’è, che già non è una cosa facile. Innanzitutto le stazioni radio: Clear Channel negli Stati Uniti ne possiede circa 1.200 (e nel mondo ha investimenti in altre 240), con un bacino di utenza intorno ai 103 milioni di persone, ed ha il controllo di circa il 60% delle emittenti rock. A questo bisogna aggiungere una quarantina di canali televisivi, il controllo o la proprietà di oltre 150 club e sale da concerto (più 30 in Europa). E poi c’è il versante concerti: CC Live ha praticamente il monopolio dei grandi tour (che negli Usa gli ha fruttato il 70% delle vendite globali di biglietti del 2001) di cui acquista in blocco tutte le date che poi organizza attraverso le proprie filiali nei vari paesi. Clear Channel live è infatti presente in 135 nazioni tra cui l’Italia (vedi più sotto). Ma non basta ancora; ci sono le affissioni. Ecco cosa dice il notiziario online marketpress: “Clear Channel Worldwide è leader mondiale della pubblicità “out of home”… Gestisce circa 800.000 pannelli per affissioni, arredi urbani, sistemi di trasporto e punti vendita… Questo fa di lei la maggiore società di pubblicità esterna al mondo, detenendo una quota di mercato globale del 12%… In Europa è presente in 29 paesi”.

Un bel giocattolone, no? Ho le radio, che in Usa sono una potenza, e posso stabilire quali artisti spingere. Ovviamente spingo quelli di cui ho l’esclusiva delle date, vi pare? E come attiro a me questi artisti? Dicendo loro che li spingerò alla radio (ben 1200 stazioni) e che ne reclamizzerò i concerti con le mie onnipresenti affissioni: insomma mi gioco la mia potenza senza rivali. Non solo, ma mi compro tutte le date del tour in tutto il mondo. Perché dovrei lasciarle ad altri? Sono ovunque sul pianeta, sia come organizzatore che come apparato promozionale, quindi posso gestire tutto io. Ma non basta mai: siccome sono anche una potenza pubblicitaria, con le mie 1200 radio pubblicizzo anche le mie idee (Berlusconi style): dopo l’11 settembre Clear Channel ha organizzato delle manifestazioni pro guerra e pro Bush, boicottando gli artisti pacifisti (vi ricordate la ridicola lista di canzoni proibite dopo l’11/9? Un’iniziativa Clear Channel) e correndo in soccorso delle truppe in armi al grido di “O con Bush o contro l’America”. Dice il Chicago Tribune che queste dimostrazioni (fino a 20.000 persone) erano esplicitamente dirette contro quelle pacifiste (più piccole) che si svolgevano contemporaneamente. Inoltre sostiene che questa mossa è un caso unico tra le grandi corporation e che sta sollevando delle perplessità nella comunità giuridica americana (dove evidentemente l’indipendenza dei mass media è una cosa più seria che da noi).

Questi sono dati dimostrabili e indiscutibili; ma se andate su internet (vedi riquadro) ci trovate un sacco di storie (che non ho modo di verificare) sull’amicizia tra il presidente di CC e quello degli Stati Uniti, su pratiche scorrette, strategie monopolistiche, etc. Insomma un quadretto pessimo, nella migliore delle ipotesi. Uno quindi si aspetterebbe una qualche reazione, delle prese di posizione degli artisti, e invece… Invece poco o niente. Eppure tra gli artisti clienti di Clear Channel (o viceversa) spiccano dei nomi abitualmente associati ad iniziative diverse dalle manifestazioni patriottiche e guerrafondaie: U2 e Sting innanzitutto, noti campioni mondiali di marketing sul groppone dei poveracci di turno (e il cui capolavoro resta di finire regolarmente nei telegiornali, che fanno vendere più CD di Mtv), ma anche Korn, RHCP, Aerosmith, Pearl Jam, Madonna fino a Nick Cave e molti altri; in Italia oltre al sorprendente Lorenzo ci sono molti altri artisti, dagli 883 a Zucchero (vedi riquadro). Si mormora che Ligabue abbia avuto un moto di reazione ed abbia detto no (infatti non c’è) e lo stesso abbia fatto Bruce Springsteen, ma sono solo voci anonime purtroppo non confermabili.

Può darsi che un’organizzazione del genere influenzi i gusti di chi consuma musica? Di sicuro pare fatta apposta: è un mattatoio promozionale senza scampo. Potrebbe succedere che impedisca ad alcuni artisti poco accomodanti o politicamente non allineati l’accesso alla programmazione delle proprie radio, magari privilegiando quelli con cui fa affari? Certamente: le radio godono della libertà di programmare quello che vogliono, e ci mancherebbe altro. Non solo, ma in Italia succede proprio in questo momento: qualcuno ha visto Luttazzi in tv? No, e chi lo tiene fuori lo fa proprio in nome di questa libertà. E’ possibile che un gigante così gigantesco decida di influenzare le idee del pubblico che raggiunge, non solo per portarlo a vedere i Peppers ma magari anche per convincerlo che la guerra americana è utile, buona e giusta? Assolutamente si, soprattutto se chi protegge politicamente Clear Channel se ne avvantaggia; lo stanno già facendo (vedi riquadro sulle Dixie Chicks). Ecco anche a cosa servono le leggi antitrust: a limitare fenomeni del genere. Non a caso il gigante Clear Channel diventa tale nel ’96, proprio grazie ad un alleggerimento delle restrizioni contro i monopoli nei media. Pare un film già visto qui da noi? E’ così: si tratta di un caso di Berlusconismo all’americana.

CC Entertainment Italia

Il metodo utilizzato da Clear Channel per conquistare nuovi mercati è un po’ new economy e un po’ impero romano. Si compera un’azienda già esistente (o due, undici o ventisei) e la fa’ diventare la locale filiale CC, mantenendo il management e il personale e cercando di tenersi anche il capitale d’immagine e di clienti esistente. E’ scritto chiaro chiaro sulla prima pagina del sito CC mondiale ed è esattamente quello che ha fatto in Italia comperandosi nel 2001 due agenzie, Milano Concerti e Trident di De Luca (non il nostro Fabio de Luca) e Salvadori. Due noti professionisti del live italiano, ambedue organizzatori di grandi tour e quindi concorrenti tra di loro; due che portavano in dote i grossi nomi del pop da stadio nostrano: “Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Jovanotti, Zucchero, Ligabue, Laura Pausini, Irene Grandi and Elisa”, recita il comunicato stampa dell’acquisizione. Due mica qualunque, che però da allora smettevano di essere se stessi e diventavano la CC Italia; no, scusate, diventavano la CC Entertainment Italia. Clear Channel infatti era già presente nel settore esterni attraverso la Jolly Pubblicità, che nel 2002 ha fatturato 90 milioni di euro e detiene il 16% del mercato italiano dell’affissione (dati marketpress).

Insomma a dicembre 2001 nasce questo nuovo soggetto. Nel business sarà cambiato qualcosa? Ho interpellato un sacco di gente ma nessuno parla, o meglio molti lo fanno ma nessuno vuole essere nominato. “Non drammatizzerei,” mi dice un promoter, “per ora la situazione è tranquilla e c’è ancora molta concorrenza.” Aggiunge un altro: “Anzi, qualche artista ha anche avuto un sussulto”. Qualcosa di vero deve esserci (oggi dal sito CC Italia mancano Elisa e Ligabue, presenti invece nel comunicato stampa del 2001), ma le bocche sono tutte cucite. E non sorprende: perché se in America perfino le voci di moderato dissenso vengono silenziate, non credo che nessuno tra gli 883, Alexia, Antonella Ruggiero, Articolo 31, Cesare Cremonini, Eros, Filippa Giordano, i Gemelli, il Nucleo, Irene Grandi, Jovanotti, la Pausini, Mango, Nek, i Planet Funk, Syria, Tiziano Ferro, Vasco e Zucchero (gli artisti Clear Channel Italia secondo il sito) vorrebbe rispondere alla domanda: “Sei fiero di fare affari con un’azienda che organizza cortei a favore della guerra?” (Semmai qualcuno degli interessati avesse voglia, Rumore garantisce uno spazio di dibattito adeguato.)

Dice il sito CC Italia: “L’alleanza tra Trident Agency e Milano Concerti sotto l’egida della Clear Channel Entertainment è un fattore di estremo interesse per la scena musicale italiana ed europea…” Di estremo interesse per chi esattamente? Per gli artisti? Non mi pare: hanno meno scelta, e quindi offerte meno vantaggiose. Per il pubblico? Macché: meno concorrenza vuole anche dire prezzi più alti, mercato meno arzillo, etc. Non ce n’è, a pensarci bene l’unica davvero avvantaggiata da questa operazione è proprio Clear Channel. Che comunque in Italia è assai meno potente che negli Usa: non ha gli agganci politici (almeno non parrebbe), non ha radio né tv, e non è poco. Certo che se passa la legge Gasparri così com’è si otterrà anche l’effetto di consentire a CC un’espansione simile a quella che ha già fatto negli States, e proprio nei due settori in cui è leader: media e pubblicità. A quel punto il gioco è fatto, e l’unico fattore di indubbio interesse sarà constatare quanto più povero, uguale e scadente sarà diventato il nostro mercato e quanto intensamente ci avremo rimesso un po’ tutti quanti, tranne ovviamente la Clear Channel Entertainment e i suoi sponsor.
(SM)

Tutti Brutti: Clear Channel vs. Dixie Chicks

Ecco una band di cui Rumore non dovrebbe occuparsi. Definire le Dixie Chicks superflue è già troppo: tre sane texane cogli stivali, messaggere di un country al banjo e violino che non l’hanno già sentito solo i non udenti (che però l’hanno sicuramente letto alla pagina 777). Una di quelle band locali statunitensi che di solito qui da noi non arrivano, che fa la pubblicità al latte, che rappresenta la faccia pulita di un’America che evidentemente ne ha molto bisogno, con tutte quelle facce da beccamorto tipo Rumsfeld che gli affollano la tv. Fattostà che perfino le Dixie Chicks hanno delle opinioni e, in occasione della guerra in corso, hanno avuto la stupida idea di dirle su un palco (di un paese libero, ma non da Clear Channel): “Ci vergognamo che George Bush sia del Texas come noi, e ci sembra che la sua politica estera stia inimicando gli Usa al resto del mondo”. Insomma un’opinione e un fatto evidente, niente di eccezionale, ma è bastato. “Per rispetto alle nostre truppe, alla nostra città e ai nostri ascoltatori abbiamo tolto le Dixie Chicks dalla programmazione” ha annunciato il direttore dei programmi delle stazioni Clear Channel di Jacksonville. E perfino quando le tre bifolche si sono scusate l’embargo è continuato. Una vicenda assai educativa: intanto perché non ci sono buoni ma solo cattivi: da un lato CC che censura il dissenso, dall’altro le Dixie Chicken che si scusano di avere un’opinione. E poi perché racconta una faccia dell’America diversa da quella hollywoodiana della terra delle opportunità, dove il bene vince sempre. A volte vince il male, più spesso se è ricco, quasi sempre se schierato coi potenti. E Clear Channel è presente in 135 paesi. Brrrr….
(SM)

Clear Channel in rete

international.clearchannel.com/: la base planetaria. Il posto giusto per iniziare a capire cos’è CC.

clearchannel.com: la base americana. Da notare in prima pagina il logo di USO (United Service Organization, organizzazione di supporto alle truppe Usa – che pure ha un sito notevole: uso.org). (in inglese)

clearchanneleurope.com: la base europea coi link ai vari paesi. Da notare l’effetto Risiko. (in inglese)

clearchannel.it: la base italiana. Da notare la grafica flash da gabbio intergalattico stile Alien 3 e il claim del CC Club: “Potrai entrare a far parte di un club esclusivo”. Ma chi pensano che siamo?

clearchannelsucks.org: il principale sito contro CC. Da notare che compare per terzo se si cerca Clear Channel su Google (vuol dire che è molto linkato e frequentato). Se cercate qualcosa di brutto su CC qui la trovate. (in inglese)

petitiononline.com/lovepigs/petition.html
: una petizione contro Clear Channel (in inglese). Si sostiene che un dj di Tampa avrebbe “castrato e quindi macellato un maiale nel parcheggio dell’emittente” come trovata pubblicitaria. E noi che ci lamentiamo di Mtv Italia…
(SM)

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