L’insulto è uno dei grandi diritti/doveri dell’umanità. Cosa c’è di più bello da dire ad una persona sgradevole che “Vai un po’ affanculo”? Come descrivere meglio la condizione di una testa di cazzo che chiamarla “Testa di cazzo”? Se un individuo è umanamente tondo, peloso e lievemente floscio, quale migliore espressione c’è per apostrofarlo di “coglione”? Posso qui non menzionare l’insostituibile sensazione liberatoria di dire ad uno stronzo “Sei proprio uno stronzo”?
Sono quindi un grande fan degli insulti, della loro sublime sintesi e dell’effetto che producono. Mi piacciono così tanto, e ne riconosco e apprezzo il sublime effetto catartico, che, se da un lato ne vorrei la depenalizzazione, e anzi la loro nobilitazione a caratteri distintivi (“Segni particolari: stronzo”), dall’altro cerco di essere sempre più accorto e preciso nell’usarli (non c’è niente di più sciatto di chiamare un cretino “cazzone” o un coglione “merdina”). Ecco perché ho cominciato a riflettere su quello che diciamo, scoprendo alcune cose degne di nota.
“Ricchione”, per esempio, non è un insulto. E’ un’espressione insultante con cui vengono definiti gli omosessuali, come anche “Frocio”, “Finocchio” e “Culattone”. Ora, non mi pare che i gay siano persone così orribili da giustificare l’uso di queste espressioni come insulti. Ci sono molte categorie composte da individui spregevoli che sarebbero assai più adatte ad essere adoperate come insulti: “Medico incompetente”, “Scafista albanese” o “Dirigente di reti televisive in odore di mafia”, tanto per fare alcuni esempi; eppure “Rottinculo” resiste tra le nostre abitudini insultatorie.
Lo stesso dicasi per “Puttana”: che c’hanno fatto le meretrici di così brutto? In che modo una maldestra impiegata o una professoressa stronza si meritano l’appellativo di “bagascia”? “Sciatta imbecille” o “Saponificatrice” sarebbero insulti più sensati. Ma poi, quando siamo li, è “Zoccola”, con tutto il suo effetto psico-acustico, ad avere la meglio. Con la prostituzione poi si raggiunge un curioso paradosso: in che senso “Figlio di puttana” è un insulto? Cos’ è, adesso ci siamo messi a badare alla stirpe? In che modo essere nato dal nobile ventre di una prostituta costituisce un difetto?
“Pompinara/o” poi è proprio incomprensibile, eppure usatissimo, anche nella sua versione romana “bocchinara/o”. Considero il sesso orale una meravigliosa attività, e se non dovessi lavorare costituirebbe il mio principale passatempo; se qualcuno a cui sto antipatico mi desse del “Leccatore di figa” non mi sembrerebbe un insulto, anzi. Quando una mia partner si prodiga nel farmi gioire delle sue arti amatorie orali mi viene voglia di farla santa, di rendere pubblicamente omaggio alla sua sublime inclinazione. In che senso allora una capotreno stronza viene definita “Succhiacazzi”?
“Bastardo”, poi, è davvero oscuro. Una volta era l’espressione dispregiativa con cui si chiamavano i figli nati fuori dal matrimonio. Non solo questa non mi pare una colpa (essendo tra l’altro io nato fuori dal matrimonio), ma non capisco in che modo nascere da due persone non coniugate possa essere una condizione deprecabile. Essere figlio di qualcuno non mi pare proprio una colpa, neppure se di nome fai Piersilvio, nemmeno se sei il figlio di Al Bano (Carreasy, per il mercato estero). Perché allora è significativo lo stato civile dei genitori?
Lo so che “Brutto bastardo bocchinaro” suona bene, e che “Sei un microdotato mentale” non avrebbe lo stesso effetto; capisco che “Zoccola” è nell’uso comune, e che convertirlo in “Portatrice di pelliccia” non funzionerebbe. Penso però che dovremo usare tutta la nostra fantasia, perché nel campo degli insulti il linguaggio è rimasto un po’ indietro rispetto agli usi. E anche perché sono certo che noi non vorremmo mai offendere davvero il figlio di una professionista dell’amore definendo così un tangentista o un truffatore. No?