Intelligenza?

La notizia è dello scorso Aprile: Universal Music Group ha chiesto ai principali servizi di streaming di impedire alle società di AI di utilizzare la sua musica per “addestrare” la loro tecnologia. UMG, che controlla circa un terzo del mercato musicale globale, è molto preoccupata dai programmi di intelligenza artificiale che usano canzoni per allenarsi a sfornare musica che suona come i propri artisti. Tra gli innumerevoli esempi recenti, David Guetta ha utilizzato ChatGPT per aggiungere un AI rap di Eminem a una sua canzone. Eminem è un artista UMG e questo brano (per ora inedito) apre un nuovo capitolo nella guerra sul copyright: “L’intelligenza artificiale potrebbe creare una canzone che suona come fosse di Taylor Swift ma cantata dai Maroon 5, o perfino un successo di Celine Dion nella versione dei Napalm Death” (Variety).

Il tema è interessante benché non esattamente nuovissimo, anche nella musica. Dopotutto le note sono 12, le scale sono quasi sempre le solite, l’armonia segue regole molto ben codificate e la “forma” della musica molto spesso ne determina il tipo: di base la canzone ha strofe e ritornelli, “la sinfonia è composta di più movimenti articolati secondo procedimenti ben precisi” (Wikipedia), la House ha la cassa dritta e il drop nel mezzo, il Blues è di 12 battute. Quindi basta inserire delle regole in un computer e lui (o lei se preferite) le utilizzerà per produrre della musica simile ma non uguale. Fino a qui niente di nuovo: da molti anni esistono software che lo fanno in maniera discreta e efficiente. Si va da certe app dove basta strusciare un dito per produrre musica “Ambient” assai melodiosa e credibile fino a complessi software in grado di suggerire strutture e sviluppi armonici a partire da una melodia. Ovviamente esistono dei generi più immediatamente clonabili. Il problema è che alcuni sono già stati clonati a morte ben prima dell’AI: sfido qualsiasi programma a produrre una canzone originale usando l’infamissimo Giro di Do – quello di “Sarà perché ti amo”, “Il cielo in una stanza” ma anche “La Gatta” (Paoli è affezionatissimo), “I Believe I can fly”, “Ti amo”, “Every breath you take”, “Grazie Roma” e infinite altre – senza incappare nel plagio.

La grande novità dell’AI è che ora possiamo nutrirla di musica e lei (o lui se preferite) non solo può scriverne di simile ma è in grado di clonare un suono e sfornarne una copia credibile: Celine Dion vs Napalm Death è un buon esempio. Tema essenziale: cosa costituisce originalità? Di quale combinazione di quali elementi è costituita la creatività? L’output di un artista (con o senza apostrofo, come preferite) è il risultato del suo passato, e quindi nutrendo l’AI col suo repertorio è possibile “calcolare” il prossimo album? Una questione immensa ma che a pensarci bene pure non è una novità, ne abbiamo già discusso tra amici e anche nelle pagine di questo giornale. Celine Dion rimane un buon esempio: mentre la versione dei Napalm Death probabilmente non piacerebbe ai fan di nessuno dei due, se il prossimo Natale uscisse un bel cofanetto Celine sings Bacharach venderebbe molto bene. Ecco: questo sarebbe il disco perfetto da far fare all’AI, dalla scelta dei brani all’intensa performance di Dion, fino alla copertina e al marketing. Lo stesso vale per tutti i dischi costruiti con una formula e quindi altamente prevedibili, per esempio i Christmas album o certa Library music odierna. Guarda un po’, se a un computer gli dai una formula lui la esegue: chi l’avrebbe mai detto? Quasi come Zucchero.

Devo però ammettere che sono sempre stato un fan dei Motörhead, di Aretha, dei Ramones e James Brown, artisti dei quali forse si potrebbe ragionevolmente sostenere che, digerendone la discografia, sarebbe possibile e magari pure facile produrre futuri album. Lo stesso si potrebbe dire di Picasso o di Philip Dick, la cui stupefacente poetica si basa su temi ricorrenti infinitamente declinati con estro e genio. Certo, l’AI potrebbe scrivere una canzone simile e suonarla in modo convincente, ma saprebbe sintetizzare il concetto di Blitzkrieg Pop, di Say it Loud (I’m Black and I’m Proud), di Sunday Morning o Natural Woman? Saprebbe eseguire il Bolero di Ravel come Zappa o Hurt come Johnny Cash, scrivere Smells like Teen Spirit, Starman o La Sagra della Primavera, ma farlo nel 1911 perché dopo è troppo facile? Per adesso direi di no. Viceversa, sappiatelo, a breve l’AI resusciterà i morti: aspettiamoci molti nuovi album (autorizzati dagli eredi) dei meglio mortacci nostri: come scrivevo qualche mese fa, Not Dead è una delle espressioni chiave del futuro.

Però, mentre attendo il prossimo album di Aretha Franklin feat. Elvis, Ray Charles, Sam Cooke & Duke Ellington completo di videoclip e servizio fotografico sulla spiaggia, mi consolo contemplando la vastità di quanto non me ne frega di una canzone che suona come fosse di Taylor Swift ma cantata dai Maroon 5.

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