La bella jam session di una volta

Non passo molto tempo con gente della mia età: sia per gusti musicali che come visione del mondo abitualmente mi trovo meglio con quelli più giovani. Specie se i miei coetanei, sapendomi appassionato di musica, fanno delle osservazioni sorprendenti. L’ultima è questa: “Certo che la qualità della musica è molto peggiorata: dove sono, per esempio, i nuovi Weather Report?” Sarò tonto, ma questa domanda mi ha aperto un mondo: esiste gente che cerca i nuovi Weather Report, e probabilmente anche il nuovo Zappa e i nuovi Beatles. Allora siccome su Insound scrivo di musica, e magari tra i lettori c’è anche qualche cercatore di nuovi Stravinskij, vorrei spiegare come mai questa domanda mi sembra quantomeno sorprendente. In che senso i nuovi Weather Report? Gente che suona il Jazz-Rock (genere peraltro nobilissimo e seminale) con perizia? Jazzisti che esplorano generi compatibili? Band che abbiano la stessa valenza nella storia della musica? O gente in grado di scrivere Cucumber Slumber versione 2007? E se un gruppo per essere valido oggi deve essere i nuovi Weather Report, è lecito chiedersi cosa avrebbero dovuto essere loro quando si sono formati, nei primi ’70: i nuovi Benny Goodman? Probabilmente si: infatti all’epoca dei loro primi dischi, i poveri Zawinul e Shorter furono offesi e insultati da molta della critica, disturbata dagli strumenti elettrici e che rimpiangeva il suono vellutato di Gil Evans. Poi, col tempo, perfino i sordi hanno capito la raffinatezza del suono degli Weather Report, che sono finalmente entrati nella storia della musica.

Purtroppo però in realtà chi cerca i nuovi Weather Report non vuole sentire del Jazz-Rock (per quello c’è la Biba Band, che lo suona assai bene), bensì esprimere un giudizio negativo sulla musica attuale. Vuole dire che la musica dei suoi tempi (che continua a dominare il suo stereo trent’anni dopo) era migliore di quella di oggi, che lui è certo di conoscere: “Io mi tengo informato, ascolto la radio e guardo Mtv”. Vuole sostenere che la musica di una volta richiedeva un ascolto attivo e partecipato, mentre quella di oggi serve solo a riempire il silenzio nelle jeanserie. Lui lo sa, ci è andato apposta – per cercare, senza trovarli, i nuovi Weather Report. Vuole dire che sì, va bene l’elettronica, però oggi la musica è disumanizzata, mentre una volta… Qualche anno fa mi sono ritrovato a un dibattito sul jazz dove qualcuno ha detto una frase che non sentivo da anni: Il Jazz è morto. La mia risposta di allora vale ancora oggi. Il jazz non è morto; vive e vegeta dentro altri generi, si annida in luoghi sonori impensabili, ma soprattutto si nasconde da quelli che lo cercano – gli stessi che l’ultima volta l’hanno quasi ammazzato: musicisti da corsa, sassofonisti concettuali, pianisti soporiferi e compilatori di discografie. Gli stessi che oggi cercano i nuovi Weather Report. Uno si chiede: li cercano per fargli lo stesso servizio che hanno fatto alla Musica Classica prima e al Jazz dopo? Per naftalinizzarli come si deve, così poi a Roma possono fargli un tempio apposta? (La necrofilia musicale capitolina è straordinaria: dopo 3 auditorium per la classica – inadatti per l’odierna musica amplificata – hanno realizzato la Città del Jazz. L’anno prossimo faranno il Quartierino del Madrigale e poi la Piazzetta della Quadriglia?) Per dirgli che però Zawinul era meglio? Se è così allora i nuovi Weather Report, se esistono, fanno benissimo a nascondersi e, fossi in loro, mi procurerei delle armi.

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