La reinvenzione dello spartito

Uno dei difetti principali delle tecnologie è l’invecchiamento rapido: cambiano gli standard, i connettori, i protocolli, e noi ci ritroviamo pieni di inutili cavi, per esempio SCSI o seriali: alzi la mano chi non ha in casa un micromuseo di tecnologie obsolete. Ma c’è un linguaggio, un protocollo di comunicazione universale per strumenti musicali semplice e efficace, che non è praticamente mai cambiato dall’anno della sua introduzione – venticinque anni fa. Che nel digitale significa un secolo; oggi non usiamo più nessuna delle tecnologie che usavamo all’epoca, esclusa una, e cioè il MIDI.

Il protocollo MIDI, musical instruments digital interface, ha dei padri, Dave Smith e Chet Wood della Sequential Circuits che lo proposero nell’81 alla potentissima AES, l’associazione dei fonici che approva gli standard industriali. Questo linguaggio intendeva risolvere un problema assai comune all’epoca: l’incomunicabilità tra i vari strumenti digitali di marche diverse, ognuna delle quali utilizzava un proprio standard. L’AES accolse con entusiasmo la proposta. L’idea era infatti semplice e geniale, una sorta di reinvenzione dello spartito in chiave tecnologica. I messaggi midi (altezza, durata e volume della nota, e centinaia di altri parametri) sono istruzioni di esecuzione che una macchina pilota (tastiera, PC, controller, ecc.) invia a uno o più strumenti musicali: non poi così diverso dalle note su una partitura. Queste informazioni passano attraverso un connettore a 5 pin uguale per tutti: nasce lo studio moderno, con una master keyboard, un sequencer (oggi quasi sempre un PC) e degli strumenti in grado di gestire messaggi MIDI simultanei.

Ovviamente all’inizio ci furono molte polemiche, innanzitutto tra gli strumentisti che immaginavano di perdere il lavoro. Questo in parte è certamente avvenuto: oggi non serve un tastierista per fare dei pad di sottofondo. Ma non è stato così per i batteristi o i pianisti. Dopo l’ubriacatura iniziale, in cui qualsiasi musica andava midizzata, si è capito un concetto molto semplice: la batteria elettronica, o il campionatore, sono strumenti nuovi in grado di fare cose diverse e complementari rispetto a un batterista, nel 99% dei casi. Proprio come sarebbe assurdo far suonare gli Steely Dan con la batteria elettronica, sarebbe altrettanto bizzarro ascoltare un batterista alle prese con certa techno a 180 bpm.

Il MIDI è stata una rivoluzione, non soltanto musicale ma anche politica: ha consentito la nascita della pre-produzione casalinga e quindi dell’home recording, ha permesso a singoli musicisti di produrre musica completa, ha determinato la nascita di nuovi generi musicali, di fatto ha cambiato il volto della musica contemporanea. La notizia incredibile è che nel 2008, venticinquennale dell’introduzione del MIDI, egli è vivo e in ottima salute. Non solo continua a essere impiegato nella stragrande maggioranza dei software musicali, ma ha conosciuto un nuovo boom con l’arrivo dei controller. Di più: gran parte dei software che consentono di manipolare video, come il notevole Isadora, utilizzano interfacce e controller MIDI. Tra i suoi impieghi ci sono anche il controllo di eventi audio/video/luci nel teatro e nei musical, e addirittura l’animazione digitale e i videogame: uno dei primi first person shooter si chiamava MIDI Maze. Senza contare che, grazie al protocollo General MIDI, il nostro regna incontrastato nei pianobar e karaoke di tutto il pianeta.

Insomma buon compleanno MIDI, e cento (cioè centomila) di questi giorni.

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