Lavorare Gratis

Mi scrive Dario da Torino: “Mi hanno proposto di lavorare gratis in una radio. Che mi consigli?”

Lavorare gratis. Pare un controsenso, un po’ come correre su un tapis roulant: fai fatica ma non vai da nessuna parte. Eppure, per quanto possa apparire assurda, questa proposta continua essere fatta, perlopiù a giovani (che, si sa, hanno energie da spendere), dicendo che “fai un’esperienza importante”, che “da cosa nasce cosa”, “che “sei giovane e devi farti le ossa”.

Personalmente ho lavorato gratis milioni di ore; ho scritto, intervistato, fatto programmi radiofonici e serate (usando i miei dischi), fatti siti web, concerti, musica arrangiata, mixata, prodotta: tutto gratis. RadioGladio ricco di famiglia? Proprio no; le ragioni sono un po’ più complesse. Intanto è vero che i lavori creativi all’inizio sono difficili da farsi pagare: essendo considerati lavori “fichissimi” c’è molta domanda, spesso da parte di gente davvero ricca che può permettersi di lavorare gratis a vita. E poi sono mestieri in cui l’apprendistato può durare molto, un fattore abilmente sfruttato dai datori di lavoro. Col risultato che c’è gente che a 40 anni si considera ancora in training, che l’adolescenza dura fino alla pensione e che si creano delle intere scene (per esempio quella delle radio locali) basate su questo genere di realtà: volontariato non per scelta o per convinzione ma per necessità, fatto da persone di qualità che però, per via di questo cazzo di paese asfittico e (in questo) scadente, restano fermi. Nessuno del grande giro li nota, loro non si fanno avanti (spesso è difficile capire esattamente quanto si vale) e rimangono incagliati a Radio Ciliegia Tenerona.

Ci sono però situazioni che non potrebbero sopravvivere senza lavoro gratuito: proprio le piccole radio, certi giornali specializzati, le associazioni locali, etc. E’ l’entusiasmo di chi anima queste iniziative a farle succedere, un entusiasmo che non si potrebbe pagare nemmeno se il lavoro fosse retribuito. Per accertarsene basta fare un giro in un ufficio. Sono tutti pagati: c’è dell’entusiasmo nell’aria? Macché: non vedono l’ora di andarsene. Non ce n’è: soldi o meno in queste situazioni conta altro. Ho dei ricordi bellissimi di Radio Città Futura di Roma negli anni ’80; lavoravamo tutti gratis o quasi, ma ci mettevamo talmente tanta furia che RCF era diventata un punto di riferimento essenziale a Roma in quegli anni. Facevamo tutto: programmi, interviste, jingles, palinsesti, GR, dirette dai concerti, serate della radio nei locali… Un culo bestiale, gratis. E quando dico noi intendo un’intera generazione di guaglioni, alcuni dei quali stavano accumulando un’esperienza che poi gli avrebbe consentito di vivere di questo. E infatti ora alcuni di quelli fanno lavori simili, ma stavolta pagati: c’è chi fa il giornalista, chi il dj, chi lavora a  RadioRai, chi fa l’autore televisivo (micidiale, ma tant’è); insomma, lavorare gratis ci è servito un po’ a tutti.

Intanto sento Dario che pensa: si, ma io che devo fare? Di sicuro se non sai fare qualcosa, farla gratis ti permette di imparare. Non solo, ma se c’è quella febbre di cui parlavo prima si fanno esperienze fantastiche, spesso irriproducibili in situazioni lavorative canoniche. Quindi fallo se ti piace e ti da gioia (succede spesso anche a me). Sfortunatamente però l’Italia è piena di gente che sfrutta il prossimo, soprattutto nel campo della creatività e in particolare nella musica. Quindi se ci godi nel farlo, e questa è la tua retribuzione (che chi lavora per denaro spesso si sogna) allora va benissimo, ma se stringi i denti perché poi magari succede qualcosa, e nel frattempo ingrassi qualcuno che non appena te ne vai ti sostituisce col prossimo della fila, allora non mi pare che ne valga la pena. E se è vero che da cosa nasce cosa, di rado da una cosa spiacevole può nascerne una bella. Insomma vale la vecchia regola: i soldi non sono tutto nella vita. Se c’è il resto, quello vale proprio molto. Ma se si lavora come cani senza speranza e senza gioia, almeno un barattolo di pappa ogni sera bisognerebbe portarselo a casa.