Dio: ecco un pensiero che ognuno di noi ha fatto almeno una volta nella vita. Che sia l’ovvio pensiero da tramonto idilliaco (“Urca che bello: ci deve essere
un autore di tutto questo”) o l’intima riflessione esistenziale (“E che cazzo: ma allora ce l’ha con me”) ognuno di noi ci ha pensato. In fondo siamo stati tutti educati all’ombra della chiesa cattolica, anche se poi la maggioranza s’e’ persa per strada; e, vuoi o non vuoi, certe cose ti rimangono dentro. Ecco perche’ a volte, in situazioni di estremo pericolo, perfino gli atei pregano: e’ un imprinting incancellabile (per non parlare dei bestemmiatori, che sono ovviamente dei veri credenti: certo non manderebbero degli accidenti cosi’ articolati a qualcuno che non c’e’).
Scrivo sempre dall’India, un paese molto affollato di dei; solo quelli indu’ sono trecentotrenta milioni (tra divinita’ vere e proprie e avatar, le varie sembianze che gli Dei prendono di volta in volta); poi c’e’ Buddha, c’e’ Allah e – in fondo alla lista – pure il nostro Dio barbuto (che l’ha un nome il nostro Dio o e’ solo Dio? Gli ebrei lo chiamano con un nome che non si deve mai dire. Ma poi, il nostro vecchione cristiano e’ lo stesso degli ebrei o e’ un altro?) e suo figlio Gesu’ Cristo. E questa grande offerta di religioni consente al consumatore di fede attento ed esigente di fare dei confronti assai rapidi ed efficaci, e non come da noi che se sei devoto a Visnu’ sei un fricchettone e basta.
Le divinita’ Indu sono bellissime; uomini e donne con lineamenti perfetti, corpi statuari e quasi sempre sorridenti. Gli occhi sono aperti e guardano verso di te. Alcune hanno testa o corpo di animale, altre sei o otto braccia. Shiva e’ di colore blu e Ganesh, il mio preferito (e’ il protettore dell’iniziativa), ha la testa di un elefante e cavalca un topo. Se sei Indu puoi decidere quale delle molte divinita’ piu’ si adatta al tuo carattere (potremmo dire alle tue esigenze, come per gli pneumatici) e adorarlo in appositi templi.
Se sei Buddhista la scelta e’ piu’ limitata: Buddha e’ uno e basta. Questa evidente inferiorita’ (quantomeno numerica) e’ controbilanciata dallo strepitoso scopo
stesso del Buddhista, che e’ di aquisire la Buddhita’ e di diventare Buddha lui stesso. E poi Buddha c’ha una faccia cosi’ pacifica, serena e saggia che e’ un
conforto gia’ solo a guardarlo – figurarsi ad adorarlo e diventare come lui.
Le Moschee sono certamente luoghi di culto, il culto di Allah (che e’ uno come Buddha e il nostro Dio, che per comodita’ chiameremo Dio) e di Maometto che e’ il suo profeta. Ma curiosamente il quartiere della Moschea e’ abitato principalmente da musulmani (che si chiamano tra loro “fratelli”) e la Moschea stessa e’ un luogo di ritrovo, di riposo e di convivialita’, oltre che di culto. Questa mescola di societa’ e religione (che per me sarebbe assai difficile da sopportare, alla lunga) e’ apparentemente assai piacevole, e passare un pomeriggio alla Moschea a giocare a domino e bere te’ e’ un ottimo spot per questa fede e i suoi praticanti.
Poi ci sono i Jain, che amano il mondo e curano gli animali, vanno in giro nudi e sono ultravegetariani. E i Parsi, che quando muoiono si fanno divorare dagli avvoltoi. E ci sono anche alcuni Cristiani, col crocifisso (che fa giustamente impressione a tutti gli altri) il vecchione barbone, il peccato originale e la
castita’.
In questo liberismo religioso, questa societa’ dei consumi della fede dove ce ne sono molte disponibili, devo dire che trovo continue conferme ad un’idea che ho da molto (e di cui ho gia’ parlato qui): tra tutte le religioni la nostra, quella dominante, e’ davvero poverella, e sopravvive esattamente col sistema che usava la Telecom fino a qualche anno fa: il monopolio.