Sembra esistere una matrice comune molto forte che lega tutte le nostre dipendenze; alcune norme di base alle quali rispondono le nostre abitudini innocue e dannose, legali e illecite. Una di queste regole, semplice ma ineluttabile, è che iniziare può essere più o meno facile, ma smettere è sempre difficilissimo.
Anche i meccanismi di uscita dai tunnel delle dipendenze sembrano simili, benché ovviamente di diversa intensità: si deve desiderare in prima persona, è utile il coinvolgimento di amici e parenti, si smette cambiando stile di vita, l’astinenza diventa una virtù (e quindi una forza) ed è possibile ricadere, anche dopo molti anni. A riprova c’è il florilegio di gruppi di auto-aiuto anonimi, tutti uguali: alcolisti e cocainomani insieme a debitori e Viagraholics.
La cura delle dipendenze alimentari è un business stratosferico, e in crescita. Tra i pasti sostitutivi e le varie alternative chirurgiche, come il bypass gastrico, alcuni dei rimedi sul mercato americano sono prevedibilmente bizzarri: speciali serrature a tempo da applicare al frigo, e degli adesivi motivazionali stile Wanna Marchi da attaccarsi allo specchio: “Guardati: fai schifo!”
L’Onicofagia (il vizio di mangiarsi le unghie), che secondo alcuni studi sarebbe da imputarsi addirittura a una disfunzione cerebrale, è tra le prime dipendenze che si incontrano nella vita. E mentre alcuni esperimenti con la Clomipramina (un antidepressivo) hanno dato risultati incoraggianti, il rimedio principale resta sempre lo stesso: dargli un saporaccio, ieri col peperoncino e oggi con speciali smalti amarissimi venduti in farmacia.
Restano comunque molte le dipendenze anche gravi per le quali non c’è una cura: smettere di mangiare carne tutti i giorni, per esempio, resta un’impresa da compiersi senza aiuto specializzato, così come smettere di prendere inutilmente la macchina: due dipendenze che, a differenza del tabagismo, avvelenano veramente anche noi.