Sono diversi anni che vorrei realizzare un documentario su un’Italia che non esiste, ma che io adoro. Un posto che secondo me non è nemmeno mai esistito, e speriamo non esista mai. Eppure vorrei visitarlo, magari non viverci ma passarci del tempo certamente si. E’ una nazione parallela alla nostra, geograficamente molto simile ma culturalmente assai distante. Ci assomiglia fisicamente, ma si veste in tutto un altro modo, mangia altro e si comporta in maniere buffe, a volte imbarazzanti. E’ l’Italia immaginaria della pubblicità, un posto alieno ma per noi familiare che esiste nell’immaginario nazionale e planetario. Più sto qui in America e più ne vedo, ma anche Germania e Nord Europa ne sono pieni.
Secondo questo stereotipo in Italia (che a vedersi assomiglia a una specie di Toscana al cubo) c’è sempre il sole, gli italiani ridono un casino, muovono le mani quando parlano, si salutano per strada, gli anziani portano la camicia e il gilet senza giacca. Amano mangiare e bere, sono genuini e schietti, a volte vanno in bicicletta e cantano per la strada. Il cibo italiano è sempre buonissimo, il caffè eccellente (falso: non ho mai bevuto tanto caffè buono, nel senso di grani di qualità, quanto da quando vivo qui), il vino ottimo. E poi il solito made in Italy, la Ferrari, il Parmigiano, Versace, le antichità, ecc.
Ma il protagonista assoluto dell’italianità qua in America è sicuramente Alfredo. Chi è Alfredo? Difficile a dirsi. Il titolare della catena di ristoranti Alfredo of Rome racconta, sul sito Alfredos.com, che the original Alfredo, il cui cognome non è dato di sapere, nel 1914 inventò a Roma la famosa ricetta per placare le voglie della moglie incinta. Dopo 3 generazioni di Alfredi , nel ’77 si trasferiscono a New York dove il successo è immediato. Il ristorante offre alla propria clientela “un altissimo standard di cucina italiana estremamente autentica, e naturalmente propone la sola, unica ricetta originale delle Fettuccine Alfredo.” Alfredo è il nome con cui qua chiamano le Fettuccine con la Panna (che non sono esattamente il vertice del mio piacere culinario nemmeno in Italia). Siccome però gli americani sono free thinkers, qualcuno ha pensato: “Se faccio la pasta con la panna, magari posso farci anche il pollo, l’insalata o il prosciutto.” Il risultato è un tripudio di varianti del povero Alfredo: Chicken Alfredo, Ravioli Alfredo with spare ribs (le incredibili costolette di maiale che qua smazzano 24 alla volta) ecc. Non solo, ma nel tripudio del cibo già pronto, Alfredo si annida in ogni dove: Easy Italia Alfredo (della Kraft), Alfredo Dip (per pucciarci il salatino) e l’immortale Instant Alfredo, just add water. Oltre al buon Alfredo, nei supermercati c’è una moltitudine di altri italiani immaginari che mi salutano dagli scaffali: Giuseppi, Bernardi e Marie, col cappello da pastore o con quello da cuoco, coi baffoni o grandi poppe e grembiule. Dietro a loro intravedo alpeggi verdeggianti, ameni villaggi campani (con bufale stilizzate sullo sfondo), golfi di napoli o piazze san Marco. Imbracciano roncole, pale da pizzettaio o mandolini, e se sono animati (per esempio nelle reclàme) naturalmente cantano, ridono e cantano.
Ovviamente lo sappiamo tutti cos’è, no? E’ lo stereotipo dell’italiano, un marchio che difficilmente ci si leverà di dosso. La cosa agghiacciante però è che questa Italia assurda esiste anche in Italia; si vede nelle pubblicità, o in quei telegiornali di stato (tutti e sette) che non rimpiango affatto. L’Italia “operosa”, economicamente alla frutta ma in fondo piena di speranza e sorridente; che si ingegna e grazie alla sua creatività la spunta comunque sempre. Quell’Italia disgustosa delle famigliole della pubblicità. Che fosse falsa lo sapevo benissimo anche prima di partire, ma vista da fuori assume un aspetto perfino più grottesco. In fondo è l’Italia che racconta Berlusconi, a cui molti italiani hanno creduto. Quindi Alfredo, che pareva fesso ma bonario, non solo ci rappresenta male, ma è esattamente come ci vede chi ci governa.