Torno su un argomento del quale ho già scritto, in questa pagina, un’era fa: marzo ’97. Era un articolo violento, e suscitò l’ira di alcuni lettori che si sentivano criticati (e avevano perfettamente ragione). Sento il bisogno di tornare su questo tema perché nel frattempo la situazione si è evoluta, in meglio ma anche in peggio. Sappiamo tutti che ci sono delle persone, anche a noi vicine, che hanno deciso di non mangiare la carne. Altri, ancora più rigorosi, hanno scelto di non mangiare alcun derivato animale, e quindi anche latte, uova, grassi animali, ecc. Si chiamano vegani e, immagino, fanno una vita d’inferno: moltissimi alimenti insospettabili (come i leggendari cornetti romani, ad esempio) contengono grassi animali, e lo slalom credo sia arduo e imperfetto. Ma tant’è: quando si fa una scelta, specie se sentita come sembra essere quella vegana, bisogna fare qualche sacrificio. Lo so bene, essendo stato vegetariano nel mesozoico (1980/’87), quando anche il termine era poco diffuso. Poi, per molte ragioni, ho smesso di non mangiare carne e pesce, ma di questa esperienza mi è rimasta una cosa assai preziosa: la consapevolezza dell’onnipresenza degli animali nella nostra dieta. Dai grassi animali nella pasticceria fino alla pancetta (che secondo un cameriere incontrato anni fa “non è carne”) nel sugo, il burro un po’ ovunque, l’antipasto di mare, prosciutto e melone… Mangiamo carne senza accorgercene, e questo è certamente un male, per molte ragioni: la filiera produttiva di tutta questa roba è spesso orribile, e gli eccessi (come dare mangimi animali alle mucche, pura follia) sono sempre dietro l’angolo.
Ci sono molte ragioni per essere vegetariani e vegani. Innanzitutto, mi sembra, la sensazione (certamente spesso vera) di mangiare meglio. La filiera dei vegetali, benché pure molto discutibile, sembra meno assurda di quella della carne. Poi, ovviamente, ci sono motivazioni etiche, come la sacrosanta questione della consapevolezza a cui accennavo più sopra, o la convinzione che sia ingiusto mangiare gli animali. Un’idea questa quantomeno balzana: fa supporre che una melanzana abbia meno coscienza, e quindi meno diritti, di una gallina. Un concetto che contesto fortemente: anche l’aglio ha un’anima, specie se decidiamo che la gallina ce l’ha. Ma la cosa più discutibile dei vegetariani/vegani è la loro sensazione di essere migliori di noi. Una cosa brutta, falsa e, come cercherò di spiegare adesso, controproducente.
Che il mondo intero decida di fare come Moby, e smetta di mangiare la carne, mi sembra un’utopia irraggiungibile e poco condivisibile. Quello per cui mi batto invece è un consumo cosciente di carne. Il mio obiettivo non è un mondo in cui il pollo svolazza libero e la cipolla deve morire, ma uno dove la carne non costituisca la base della dieta di un popolo (spesso a pranzo e a cena) ma ne sia uno degli ingredienti. Più la dieta è varia e meglio è, lo dicono tutti i dietologi. Varia significa tutto, inclusa la carne; possibilmente una carne buona, senza steroidi e allevata rispettando la convenzione di Ginevra. Quindi il vegano, col suo atteggiamento fondamentalista, non dà un buon esempio: è il solito estremista, assoluto e impossibile. Mentre se tutti iniziassimo a consumare carne in modo più consapevole, e quindi molta meno e meglio, la filiera potrebbe migliorare – un obiettivo possibile nel 2008, anche grazie ai disastri di quell’industria. Mi pare insomma che il vegano incida molto meno su questo dibattito, e quindi sulla realtà, di un consumatore attento.
Ma detto questo, prima di tutto viene la tolleranza, e lo dico credendoci. Ho ottimi amici vegani e conto di tenermeli. Rispetto la loro scelta e sono pronto a battermi affinché possano praticare il loro veganesimo in pace. A una condizione però: che questo sia reciproco, che rispettino la mia scelta, che si battano per difendermi, o quantomeno che non mi scàssino il cazzo se ordino del pesce. E che non si sentano superiori a me: non lo sono, ed è bene che lo sappiano, loro e le loro tortine di mais integrale e verza imeboshi – che come le guardi si sfaldano.
Uscito il pezzo sul giornale, mi ha scritto Antonio (che ho editato un pochino ma non nel succo):
Mi ripromettevo di scriverti circa l’argomento di cui all’oggetto da moltissimo tempo, ma la mia timidezza (fomentata, in questo caso, dalla mia pigrizia) mi avevano finora bloccato; il tuo ultimo avviso di chiamata, però, mi offre il destro per superare il mio accidioso timore di scriverti.
Io ho abolito la carne e il pesce dalla mia dieta nel ’99: è accaduto di colpo mentre, una sera, camminavo verso casa. Mi sono reso conto che mangiare la carne non mi era necessario, proprio come non avevo bisogno di indossare per forza una pelliccia per ripararmi dal freddo. Dal quel preciso istante sono diventato “vegetariano” nell’accezione comune del termine.
Come puoi immaginare, questa decisione ha comportanto parecchi inconvenienti non solo alimentari (lo strutto si nasconde, infido, in una quantità sterminata di prodotti, dal pancarré ai cannoli con la ricotta) ma anche e soprattutto pratici (tanto per dirne una, trovare un paio di scarpe senza pelle è una specie di ricerca del Graal). Nonostante questo, non mi sono mai pentito della mia scelta e, nel complesso, la mia vita da vegetariano è sana e serena.
Tengo a precisare che, fin dal primo istante, ho considerato la mia scelta come profondamente intima e personale e MAI ho giudicato chi mangia la carne come un mostro o, peggio, come qualcuno da “evangelizzare” (mi piace sempre citare l’occasione in cui, in qualità di organizzatore di una festa studentesca, andai personalmente a comprare oltre trenta chili di salsiccia per una mega-grigliata). Quasi subito, però, mi sono reso conto che l’essere vegetariani crea molto spesso imbarazzo e ostilità negli altri, anche in totale assenza di tutti quegli atteggiamenti fondamentalisti che tu (giustamente) hai da sempre stigmatizzato.
Forse ti sembrerà strano ma, in tanti anni, sono state ben poche le persone che, avendo appreso che sono vegetariano, hanno reagito con indifferenza o con interesse “positivo” (nel senso che, pur non condividendo la mia scelta, hanno voluto confrontare con serenità dialettica il mio punto di vista con il loro); per il resto, ho suscitato incredulità (“E che mangi?!”), allarme (“Stai attento, ché l’amica di mia cugina era vegetariana come te e, dopo qualche mese, è finita all’ospedale con l’anemia!”), imbarazzo (“Anche io amo gli animali e vorrei smettere di mangiare carne, però il salame mi piace troppo…”), sdegno (“Mi meraviglio di te! Il concetto stesso di vegetarianismo è semanticamente privo di fondamento.”).
Ti lascio, poi, immaginare le ripercussioni sociali della mia scelta. Praticamente in tutti i ricevimenti ai quali ho partecipato da nove anni a questa parte, è sempre arrivato l’odiato momento nel quale un cameriere si aggira tra i tavoli chiedendo “chi di voi è il vegetariano?” e, una volta appurato che sono io il “diverso”, mi porta un piatto con una lattuga bollita e un pezzo di mozzarella, mentre gli altri si strafogano di cinghiale ripieno di fagiano con le cozze guardandomi come se fossi un coglione (a proposito, una volta, in una di queste occasioni, una anziana signora mi disse candidamente: “E vabbé, per questa volta fallo uno strappo alla regola…che male c’é?”).
Morale della favola, la mia scelta vegetariana è ormai diventata molto più che intima e personale; è diventata un segreto che custodisco gelosamente e di cui metto a parte solo gli amici cari e le persone che stimo (siine lusingato! :P). Per tutti gli altri, la cosa salta fuori solo nel momento in cui mi invitano a cena o si incaponiscono nel volermi offrire un panino col prosciutto al bar.
E, finalmente, eccomi giunto al punto: esattamente come tu hai il sacrosanto diritto di andare al ristorante ad Acitrezza coi tuoi amici vegani e ordinare il pesce senza che loro ti scassino il cazzo, non avrò anche io il medesimo diritto di andare nello stesso ristorante coi miei amici carnivori e NON ordinare il pesce senza che loro mi guardino come un imbecille “che, minchia, si va nel ristorante dove si fa il pesce buonissimo e ordina solo una pasta al pomodoro”??
Lo so che lo sai, caro Sergio, ma mi sento di ribadirti il concetto che, per tanti vegetariani, vegetaliani, vegani etc. presuntuosi, integralisti e scassacazzo, ce ne sono ancora di più che non impongono in alcun modo la loro scelta a nessuno e vorrebbero semplicemente essere loro stessi in tutte le occasioni e con chiunque, senza che questo inneschi automaticamente sanguinosi dibattiti etico-social-civil-alimentar-politici.
Ok, ho finito…ma anche no! In realtà sarei voluto essere più esaustivo, soprattutto nello spiegarti i motivi della mia scelta, ma confido che questa mia mail sia sufficiente a chiarirti il mio punto di vista.
Qualche giorno dopo anche MIrko mi ha scritto (anche lui è leggermente editato):
Allora, chiaramente sono un vegetariano da ormai più di 15 anni (non ero neanche maggiorenne), saltuariamente sono anche vegano, soprattutto quando mi trovo a vivere lontano da casa (Grosseto) in città dove i derivati animali sono di dubbia provenienza. Abitando in Maremma sono facilmente reperibili in qualsiasi supermercato latte, formaggi o uova provenienti da allevamenti dove è veramente ridicolo parlare di sfruttamento e sofferenza.
Ci tengo a precisare che sono un Formulatore Cosmetico e che la mia ragazza è Biologa (vegetariana-vegana), quindi trovandomi nel campo cosmetico ti lascio immaginare le miriadi di stronzate inumane che sento quotidianamente raccontare dalla maggior parte della gente vegana, le cose che vengono dette sulla sperimentazione animale non sono affatto vere, soprattutto quando riferite ai prodotti cosmetici nei quali, in Europa, la sperimentazione è vietata da anni, ma nessun vegano sembra esserne a conoscenza. Non voglio approfondire troppo l’argomento legislativo, voglio solamente soffermarmi su una questione che spesso mi viene contestata e cioè che anche se il cosmetico finito non è testato lo sono le materie prime con il quale è formulato…oddio mi vengono i brividi……probabilmente nessuno sa che ad esempio l’olio di oliva, ma anche quello di mais o di arachidi, così come l’agar-agar, o qualsiasi altro ingrediente utilizzato nella cucina vegana è stato, a suo tempo, sperimentato.
I test sulle materie prime naturali, biologiche, di sintesi, sono stati svolti all’incirca 50-60 anni fa ed è bene ricordare che questi test non vengono ripetuti ogni volta che si utilizzano tali materie.
I test sono attualmente obbligatori solo per composti mai scoperti prima, mai esistiti e con i quali l’uomo non è mai entrato in contatto…..in cosmetica trovare una materia prima nuova non è una cosa molto semplice, per non dire impossibile e anche se fosse possibile i test sarebbero talmente lunghi da renderne inutile l’utilizzo in quanto il mercato e il marketing sono talmente veloci e dinamici che mai potrebbero aspettare il decorso della sperimantazione.
Per i farmaci il discorso è diverso, questi vengono scoperti più spesso e quindi anche testati….lasciamo perdere il fatto che se al figlio di un vegano viene un tumore non credo che rifiuti di dargli un farmaco testato su un animale, oppure se al suo cane viene una qualche patologia non credo che si rifiuti di curarlo, infatti bisogna precisare che la maggior parte dei farmaci per uso umano lo sono anche per uso veterinario, anche se vengono venduti con nomi diversi…..il guadagno del sacrificio quindi non è solo umano.
Basta mi sono dilungato troppo……ma solo per rendere l’idea dirò che in Italia muoiono 500 topi all’anno per via dei test e nel medesimo tempo muoiono migliaia di animali per essere mangiati, quindi se proprio dovete concentrare le forze fatelo prima sull’industria alimentare dove il numero di morti è infinitamente più grande.
Ho fatto questa introduzione, forse anche troppo lunga, per farti capire che comprendo bene il tuo atteggiamento nei confronti di certi inutili predicatori. Comunque sia arrivando al punto fondamentale non ti scrivo solo per darti la mia “solidarietà”, ma anche per criticare alcune tue affermazioni:
prima cosa ti sei dimenticato di dire che la scelta vegana non comporta solamente motivazioni etiche riguardanti gli interessi animali, ma anche quelli ambientali ed umani, in quanto i disastri ecologici legati agli allevamenti sono enormi e vanno dal disboscamento, all’inquinamento delle falde acquifere e all’impoverimento del terreno.
I quintali di mangimi (cereali e legumi) che servono a far crescere le mucche e i maiali nell’arco della loro vita (3-6 anni) basterebbero a sfamare almeno 3 mondi insieme, il pianeta Terra e qualche altro eventualmente esistente…..ma hai detto che sei stato vegetariano e di avere amici vegani, quindi certe cose la saprai meglio di me, ma ho voluto solo ricordartelo perché credo che sarebbe stato corretto scriverlo nella tua rubrica.
Infine voglio confidarti l’infinita tristezza che mi piomba addosso ogni volta che sento paragonare una melanzana o una cipolla ad una mucca, un maiale o un pollo…..mamma mia…..dimmi che non è vero che c’è ancora chi cerca di giustificare il fatto di mangiare carne dicendo che una melanzana vive, ha un’anima…..ma per piacere non diciamo cazzate…..Hai mai guardato una mucca o un maiale negli occhi? Hai mai provato a fare lo stesso con una cipolla? Può secondo te una mela provare dolore? Possiede il sistema nervoso?
E’ vero che gli animali non hanno capacità di ragionamento paragonabili alle nostre, ma insomma arrivare a mettere sullo stesso piano una cosa inanimata, priva completamente del sistema nervoso e quindi priva della capacità di provare dolore, con un animale mi sembra veramente assurdo. Certi paragoni non mi fanno incazzare mi fanno solo tanta tanta tristezza, soprattutto perché mi rende consapevole di quanto ridicoli sappiamo rendere noi stessi……..
Ascolta con questo non voglio offenderti, intendiamoci, se non ti stimassi non ti avrei nemmeno scritto.
Vabbè cerco di concludere se ci riesco…..
Io e la mia ragazza, spero che si sia capito non siamo dei predicatori, spesso quando siamo al ristorante, con persone che non conosciamo, per evitare di entrare in inutili polemiche quando ordiniamo diciamo che siamo allergici alla carne (bianca e rossa)……AHAHAHAHAHA!!!
Zitto zitto……siamo ridicoli, lo so, ma veramente credo che siamo fra i pochi vegetariani che non vanno in giro a rompere i ciglioni alla gente, anzi spesso sono gli altri che insistono per parlare della nostra scelta, quindi per evitare situazioni che non portano a niente diciamo che abbiamo un’intolleranza e chiuso argomento…….
Approvo appieno il tuo disprezzo per i fondamentalisti vegani, noiosi, tutti con gli stessi argomenti, fra l’altro troppo facili da mettere in crisi in un confronto diretto con la realtà. Non ti nego comunque che se mi guardo dentro un po’ di fondamentalismo lo trovo….eh si…devo ammetterlo….non proverei nessuna pietà a veder saltare in aria un Mc Donald con tutti quelli che ci sono dentro, parenti e amici compresi ((sto scherzando, naturalmente….(forse)).
Il consumo consapevole di cui tu parli potrebbe essere un primo passo verso la giusta scelta (secondo me) di diventare vegetariani, con tutti i sacrifici che questo comporta………
E io gli ho risposto, a Mirko: interessante, grazie. E a proposito delle melanzane (che venero come il cibo degli dei, non plus ultra della mia esperienza gustativa): certo, guardare negli occhi un broccolo non è come guardare un piccione (è moooolto meglio)… Quello che volevo affermare è una verità assai più semplice: l’atto di nutrirsi prevede che della “vita” (è difficile parlare di vita se uno mangia dei Mars, ma è così) termini per nutrire dell’altra vita. In un’epoca in cui per qualcuno perfino lo sperma è vita da proteggere, volevo riaffermare il valore della vita della cipolla di Tropea (che, dopo la melanzana…).
miei cari,
da questo dibattito traspare molta confusione e anche qualche fregnaccia nel bel mezzo di molte opinioni rispettabilissime.
Dato che la questione e´contingente al mio lavoro vorrei dare il mio contributo.
Cominciamo col dire che in natura esistono predati e predatori: la volpe sbrana l’agnello incustodito, la gazza ruba le uova nel pollaio e la pojana rapisce i pulcini da cui l’espressione “pojana la ma***na”.
In natura si muore per far da nutrimento a qualcun altro, nella mia fattoria vorrei decidere io chi e quando.
Aggiungiamo a questo che gli animali assolutamente vegetariani son pochi: nelle galline frequenti i casi di cannibalismo, le stesse non disdegnano di mangiare i topi così come i maiali che si nutrono volentieri anche di serpi, lumache, lucertole e se i miei cani lasciano qualche osso in giro si sbafan pure quello.
Nel mio podere le bestie circolano libere a cercarsi il nutrimento, fanno tanta cacca con cui concimo il frutteto e l’orto coi cui prodotti integro la loro dieta e anche la mia. Quando arriva il momento ammazzo la bestia con la pistola di stordimento.
Questo anche per dire che un allevamento sostenibile è possibile e lo potete praticare anche voi, trovatevi nei paraggi un agricoltore virtuoso come me e proponetegli la soccida, cioè voi partecipate al mantenimento di un animale e a fine ciclo mangerete capocollo consapevole aiutando non poco l’agricoltore e il vostro colon.
Certo: antropoformizzare un capretto risulta più facile che un cetriolo ma tutti e due questi esseri hanno una sola cosa in testa: riprodursi. Le piante fanno i frutti non per far piacere a noi ma per la propagazione della specie, gli animali giocano sbadigliano, friniscono, son piu´simili a noi insomma, ma il loro scopo ultimo e trombare, come i cetrioli.
E allora: cetrioli! Per fare reddito le colture devono essere intensive, questo significa che per la lotta alle malattie e agli insetti bisogna intervenire con disinfettanti che seppur ammessi in agricoltura biologica contengono rame e zolfo, in quantità minime ma che bisogna bisogna irrorare frequentemente, fatti due conti la quantità di porcheria che si disperde nella falda è uguale a quella dell’agricoltura non biologica.
Dalle mie parti diciamo che è meglio mangiare il verme con la mela piuttosto che le porcherie che ci spruzzano sopra.
Io cerco di fare del mio meglio ma non sono un santo: ho sacrificato parti del coltivo per mantenere un bosco dove alberghino uccelli fitofagi, insomma cerco di mantenere un biotopo ma se gli zucchini che ho coltivato con tanto amore mi pigliano una malattia fungina stai tranquillo che una spruzzata di poltiglia bordolese (ammessa in agricoltura biologica ma pur sempre una schifezza) gliela do. E se in tempi siccitosi come negli ultimi due anni il pascolo è magro, integro l’alimentazione degli animali coi mangimi stando bene attento che non contengano soja che al 90% potete star tranquilli che è ogm.
E´ un percorso ad ostacoli ma non mi pare il caso di estremizzare, mangiare bene e mangiare tutto nel rispetto dell’ ambiente e del consorzio umano è possibile, basta muovere un po’ il culetto. Tra l’altro si risparmia.