Mentre qualcuno, soprattutto in Italia, continua a lamentarsi della “Teoria Gender” (la distinzione tra il sesso con cui si nasce e il genere che si può diventare), il mondo è pieno di varianti tutte naturali che mettono in crisi l’idea comune di genere sessuale. Aggiungerei che la società, anche quella italiana, mostra dei segnali che mi sembrano incoraggianti: l’idea di maschio e femmina in alcuni settori si evolve molto velocemente – purtroppo non in tutti. All’inizio (cioè non troppi anni fa) regnava incontrastato il dismorfismo sessuale, cioè la differenza di forma tra uomo e donna. La cosa insieme bellissima e terribile che ha spinto la nostra società a costruire il concetto di donna debole, fragile, e via dicendo. Fino a pochissimi anni fa le donne sportive, che naturalmente avevano una muscolatura non comune, venivano viste come curiosi oggetti umani e molte di loro si sforzavano di ingentilire il loro aspetto, forse convinte che così sarebbero state accettate più facilmente da una società dallo sguardo sostanzialmente maschile. Col tempo è successa una cosa interessante: i corpi delle atlete sono diventati molto più evidentemente muscolari, e è comparso un nuovo tipo di sportiva. Una donna sempre femminile ma non più riconducibile allo stereotipo di fragilità; una femmina che non rinuncia a nessuno degli “strumenti della femminilità” (secondo una dicitura antica), ma il cui corpo ha un senso evidentemente diverso. E se qualche avanzo della preistoria continua a dare delle lesbiche alle calciatrici (qualcuna lo sarà anche, ma non è questo il punto), nel mondo dello sport questo cambiamento è spettacolare. Perfino in casi meno eclatanti di quello di Serena Williams, che possiede un ultracorpo (parte naturale, parte scolpito) intensamente femminile e insieme efficiente e letale, soprattutto in passato. Sempre nel mondo del tennis mi sembra significativo il caso della ex numero 1 del mondo Simona Halep, dal corpo piccolo e scattante, che si è sottoposta a un intervento di riduzione del seno per potersi muovere meglio. In un mondo di puppe sintetiche mi pare una storia utile.
Così come è utile, terribile e istruttiva la vicenda di Caster Semenya, mezzofondista e velocista sudafricana, due volte campionessa olimpica e tre volte campionessa mondiale degli 800 metri piani. Nel 2009 qualcuno inizia a sollevare dubbi sul sesso della Semenya, la quale si sottopone a un test ormonale. Dopo mille controversie (che trovate tutte in rete) nel 2018 viene esclusa dalle competizioni internazionali. Pare, ma non ci sono conferme, che si tratti di un caso di intersessualità. Dice Wikipedia: “Intersessualità è un termine usato per descrivere quelle persone i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Un individuo intersessuale può presentare caratteristiche anatomo-fisiologiche sia maschili sia femminili”. Alla faccia della teoria gender esistono persone che sono sia maschi che femmine. Sono sempre esistite, solo che ancora oggi vengono “corrette” chirurgicamente alla nascita. Non è un caso che si attribuisca loro più spesso il genere femminile: è più facile togliere. E quante sono? Un dato molto diffuso parla dell’1,7% della popolazione.
Quindi non è vero che la natura ci fa uomini e donne. La natura ci fa in mille modi diversi: maschi, femmine e tutti gli intermedi. Forse ci fa anche etero, gay, lesbiche (ci sono teorie contrastanti in proposito) e tutto quello che c’è in mezzo. Probabilmente anche transessuali: sono frequenti le storie di bambini piccoli che sentono di appartenere a un altro sesso, e in alcuni paesi europei il percorso (innanzitutto psicologico) inizia a 13 anni. E poi ci sono quelli che si lamentano della Teoria Gender: pure quelli li trovate tutti in rete, così concentrati su quello che hanno tra le gambe da trascurare quello che hanno in mezzo alle orecchie.