Meglio soli?

A guardare la storia delle tecnologie per fare musica sembrerebbe che, almeno da duecento anni a questa parte, l’uomo desideri farla in solitudine. Il primo sintomo è ovviamente stato il pianoforte, la cui aura di presunta onnipotenza attraversa tutto l’800. Nella musica popolare ci sono molti esempi di strumenti pensati per essere autosufficienti, il più evoluto dei quali è certamente la fisarmonica, un’intera orchestra sotto le dita. Ma anche l’invenzione della chitarra acustica con corde di metallo, negli anni ’30 in America, risponde alla stessa esigenza: suonare forte e, in mancanza di altri musicisti, essere autosufficiente.

La diffusione di massa della chitarra avviene negli anni ’60/’70; grazie a aziende lungimiranti, come la Eko in Italia e non solo, si diffondono chitarre economiche ma decorose, eccellenti come strumento entry level: alzi la mano chi la suona da quegli anni e non ha iniziato su una Eko. Ma la causa principale è la nascita di un repertorio (Dylan, Battisti, De Andrè, ecc.) interamente eseguibile solo con chitarra, che ne alimenta enormemente il successo; infatti resta una delle icone di quel periodo, nonché lo strumento più venduto. Negli anni ’80 arriva il digitale, il MIDI (una tecnologia che consente di sincronizzare batterie elettroniche, synth, ecc.) e spunta sul mercato il primo sintetizzatore “popolare”: lo Yamaha DX7. Strumento dalla programmazione nativa arcana e da iniziati, il DX7 è però presentissimo nella musica di quella decade, anche grazie ai primi editor MIDI di suoni per PC Atari, che consentono variazioni timbriche infinite. Come la chitarra segna il suono degli anni ’70, il synth – e in special modo il DX7 – caratterizza quello degli ’80; inoltre, in combinazione MIDI con sequencer e drum machine (leggendarie, e tuttora ricercatissime, erano le prime Roland) consente di suonare più parti in solitaria. Si trova ovunque: dal Synth Pop, il genere “mainstream” di quel periodo, fino a molti dei dischi ambient di Eno. Negli anni ’80 si vendono più synth che chitarre, e le band iniziano a sfoltirsi.

Negli anni ’90 succede una cosa curiosa: grazie al nuovo vigore dell’Hip hop, lo strumento musicale più venduto è il giradischi. Ma non uno qualsiasi, bensì il Technics SL1200/1210, sul quale si sviluppa una tecnica di esecuzione molto complessa e personale che darà luogo, in quella decade, a nuovi generi musicali di grande successo come l’R’n’B. Al giradischi si affianca il campionatore (e in special modo l’Akai Mpc, e le serie 900 e 1000); sono due strumenti coi quali è possibile fare musica da altra musica, tagliandola, cucendola, stoppandola e arrotolandola indietro. Nel frattempo il MIDI si trasferito nel computer, e nelle band c’è uno solo che fa la musica, a casa: il DJ. Poi, in studio, si aggiungono le voci.

L’ultimo passo è stata l’inclusione di un intero studio musicale nel PC; già da diversi anni ci sono diversi software, e Apple ne offre uno (furbamente chiamato Garage Band) in bundle col suo sistema operativo. Quindi oggi lo strumento che offre maggiori possibilità ce l’hanno già quasi tutti in casa: alcuni ci scaricano anche la musica e molti ce la ascoltano. Poi, se vogliono, con lo stesso strumento la manipolano e la ristrutturano a loro piacimento, o ne usano delle parti per farne di nuova, aggiungendoci le loro; senza bisogno di nessun altro, se non per piacere. Si chiude un cerchio, ce l’abbiamo fatta. E adesso?

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