Natura proprio morta

Mi succede una cosa spiacevole ma molto interessante, che vorrei condividere con voi. Attenzione: non è un lamento personale, altrimenti farei nomi e cognomi (e invece manco segnalo questo articolo al protagonista). Mi pare un’interessante parabola sulla modernità. Da qualche tempo sto producendo “arte”. Veramente è già qualche decade che lo faccio (a volte perfino in questa pagina), ma a me è sempre piaciuta un’arte subdola, mimetica, senza cornice o galleria, che ti morde il culo senza che tu te ne accorga (forse è anche per questo che magari non ve ne siete accorti). Viceversa ultimamente sto facendo proprio arte, visiva e in formato galleria: praticamente dei video, e dei quadri. Lo dico con tutto il rispetto per i pittori veri (io non dipingo), gli illustratori tecnicamente bravi (non illustro neanche) e i videoartisti di genio, ma tant’è. Ho imparato già da un pò che le cose prima vanno fatte e poi si valutano. Però tanto brutti poi non devono essere, se ho perfino trovato un curatore che si occupa di mostrare quello che faccio ai naturali terminali di questo genere di lavoro: le gallerie d’arte. Ovviamente, dato il mio background, stiamo sondando le gallerie e i festival più attenti al nuovo, all’insolito. Io naturalmente evito di andarci, anche per consentire al gallerista di esprimere più liberamente la sua opinione. Non solo: ho una intensa predisposizione verso il risultare antipatico agli addetti ai lavori, e non sarebbe un bell’inizio.

Qualche giorno fa è stato il turno di una nota galleria (assai attiva in rete) di un piccolo ma agiatissimo capoluogo del nord-Italia. Il gallerista, dopo i complimenti (rituali o meno non so dirlo), ha mosso la sua obiezione: “Non posso trattare questo lavoro: è troppo politico.” Credo si riferisse a uno dei miei video, una versione dell’Inno di Forza Italia per niente aggressiva o sbeffeggiante, anzi. Certo dal mio lavoro si capisce quello che penso, ma questo progetto non ha niente di direttamente politico (in realtà il mio lavoro non ne ha quasi mai avuto – direttamente).

Le considerazioni interessanti mi sembrano due. La prima: ma dove vive costui? Non vede che arte c’è in giro, da Marina Abramovic a Bansky, a Cattelan (nella foto, clicca per ingrandire) fino a Chen Wenling, è tutta politica? Come si fa a fare un’obiezione di questo genere nel 2010? Che cavolo va cercando questo gallerista? Vedute di Portofino? Nudi artistici? Nature morte (come la sua)? Non ha studiato la storia dell’arte del ‘900, che è quasi tutta infinitamente più politica (e importante, rilevante e controversa) della mia? Cosa espone nella sua galleria, oltre alla sua faccia da leghista gay?

Ma l’obiezione davvero essenziale è la seconda. Immaginiamoci un giovane artista, pieno di belle idee ma inesperto, che si presenta a questa galleria, gli sottopone i suoi lavori e poi pende dalle labbra dell’esperto, aspettando la sentenza. Quello gli dice che è troppo politico, il giovane magari torna a casa e ci riflette (come è giusto che sia); poi però può darsi che cerchi di epurare la sua arte da quegli elementi che turbano la molle mente del gallerista. In questo caso il danno sarebbe infinitamente più grave che nel mio. Perché a cinquant’anni è facile mandare affanculo questi insetti e tirare dritto. Più difficile farlo a 19, specie se quella è l’unica galleria della città. Insomma non solo costui non sa cosa dice, ma non capisce nemmeno che ruolo svolge all’interno della sua comunità, e quali gravi danni possa procurare agli altri, e all’arte.

Un consiglio ai giovani artisti in ascolto (che se non sono in qualche modo, anche recondito o indiretto, politici secondo me è meglio che ci riflettano): se qualcuno, specie un curatore o un gallerista, vi fa un commento del genere voi ringraziatelo, tornate a casa, fatevi la doccia (per rimuovere eventuali contaminazioni) e non ci pensate più. Uno che esprime un’opinione così a) non capisce un cazzo di arte contemporanea, e b) probabilmente ha la galleria piena di immondizia. Buona estate.

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