Grazie a un articolo di Sebastiano Messina (omonimo, non parente) uscito su La Repubblica, scopro l’incredibile vicenda dei consulenti del governo Prodi, che sono 1.253. Milleduecentocinquantatre: una marea. Ovviamente dentro c’è di tutto, belli e brutti, utili e evidentemente superflui, gratuiti o ridicolmente costosi, personaggi anonimi, famosi o figli di famosi, amici, conoscenti, compagni di merende – insomma tutta quell’italietta della furbizia che ci si aspetterebbe di trovare incrostata a un governo italiano (ma che qualcuno fa fatica a mandare giù, convinto che governi la sinistra – un concetto che ormai convince solo Berlusconi).
Eppure l’idea che un governo si doti di consulenti esterni non mi pare affatto sbagliata, anzi: per come è strutturata la politica (non solo in Italia) mi sembra logico. E’ infatti abbastanza raro che un ministro abbia delle competenze specifiche del proprio ministero: lui (o più di rado lei) è un politico, che dovrebbe compiere delle scelte di direzione, di gestione politica, con la collaborazione di esperti che invece conoscono a fondo la propria materia. Prendiamo per esempio il Ministero per i Beni e le Attività culturali; come ci si può aspettare che una persona sola possa padroneggiare le molte e diversissime aree di competenza di questo assurdo ministero, che vanno dai geroglifici al punk, dal restauro conservativo alla cultura underground? E’ impossibile, a prescindere dal fatto che il ministro in questione sia Rutelli. E’ ovvio quindi che il Ministro si doti di consulenti, gente che sta nel mondo, studia e ne sa a pacchi. Ecco alcuni esempi di consulenza culturale (l’elenco completo è reperibile sul sito del Ministero, i compensi sono annuali): “Riordinamento dell’archivio storico della parrocchia San Bartolomeo in Portis di Venzone (Ud)” (€ 3.000), “Catalogazione manoscritti della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino danneggiati nell’incendio del 1904” (€ 133.250), “Proseguimento incarico per la realizzazione del restauro di 5 codici appartenenti alla Biblioteca Apostolica Vaticana” (€ 3.000). I consulenti sono 436 (ma non tutti del ministro); cerco invano cose come “Analisi dei trend di consumo culturale nella fascia 18/35”, “Studio per la realizzazione di luoghi pubblici polivalenti adatti alla fruizione di musica amplificata con o senza strumentisti contestualmente presenti” o “Indagine sulla produzione e diffusione della musica digitale in Italia, allo scopo di studiare riforme della SIAE e dell’ENPALS volte ad agevolare detta produzione”. Niente: si parla di tutto ma non di cose del genere.
Ovviamente tra i consulenti ci sono nomi noti, figli di nomi noti, nipoti delle portiere di nomi noti – e un sacco di compagni di partito dei ministri. Ma la cosa davvero strabiliante sono le descrizioni delle consulenze: “Attività di collaborazione finalizzata all’approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni” (titolare Pellegrino Mastella, € 32.000, Ministero attività produttive), lo straordinariamente vago “Problemi e prospettive intorno all’ipotesi di costituzione di una Procura Europea” (€ 48.000, Ministero commercio internazionale) o il sublime “Analisi degli obiettivi del programma di governo in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo” (€ 24.000, Ministero per l’attuazione del programma).
Pura poesia. Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Perché questo governo (come d’altronde anche gli altri) avrebbe un disperato bisogno di consulenza: sulle politiche giovanili, sulla musica post cantautorale, sulle culture underground, sulla relazione tra arte e pubblico e via dicendo. La notizia recente è che invece Prodi ha deciso di tagliare di 1/3 le consulenze del governo. Una scelta certamente giusta, alla luce delle materie attualmente oggetto di consulenza. Ma pensandoci bene si tratta di una tragedia: adesso chi è fuori resta fuori, per sempre.
E ora con Silvio sono pure aumentati——- Che ci vuoi fare?